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Sequestro del Parco Aldo Moro di Messina: ci sono otto indagati I NOMI

Gli otto indagati sono in pratica i soggetti pubblici e privati che hanno contribuito alla realizzazione dell'area verde nelle varie fasi

I risultati sul materiale sequestrato, si sospetta amianto, non ci sono ancora. E l’inizio delle cosiddette operazioni peritali da parte dei tecnici dell’Arpa è fissato per venerdì mattina. Intanto la Procura retta da Antonio D’Amato ha iscritto otto persone nel registro degli indagati, anche a loro tutela per gli sviluppi dell’inchiesta, per il clamoroso sequestro del Parco Aldo Moro, avvenuto praticamente all’indomani dell’inaugurazione.

A quanto pare, proprio in attesa delle operazione di verifica da parte dei tecnici, non c’è ancora un reato specifico contestato, ma tutto lascia presupporre che potrebbe trattarsi di inquinamento ambientale o disastro ambientale.

Gli otto indagati in questa fase, ma lo scenario potrebbe ovviamente cambiare nelle prossime settimane, si tratta di un atto dovuto in relazione alla prima fase degli accertamenti, sono in pratica i soggetti pubblici e privati che hanno contribuito alla realizzazione del Parco Aldo Moro nelle varie fasi.
Quindi si tratta del presidente nazionale dell’Ingv Carlo Doglioni, ovvero l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, l’ente dove insiste la grande struttura verde, e poi i funzionari comunali di palazzo Zanca Massimo Potenzone, che è il direttore dei lavori, e Placido Accolla, il rup del progetto. Ci sono poi tra gli indagati gli imprenditori che hanno lavorato alla realizzazione: Giuseppe Bandiera che è rappresentante legale della “Elcal srl” di Favara, quindi Giuseppe Croce, Massimiliano Croce e Salvatore Croce, e infine l’imprenditore del movimento terra Orazio Sturniolo.

La vicenda scaturisce da una delega che la pm Francesca Bonanzinga ha affidato alla Polizia municipale, che il 14 giugno scorso ha effettuato un sopralluogo nel grande giardino, e c’era a coordinarlo il comandante della Municipale Giovanni Giardina.
Ed è stata accertata la presenza di otto tubi di sfiato, probabilmente costituiti in fibre d’amianto, che erano a servizio di un locale interrato dove c’era in passato il sismografo dell’Ingv. Quel giorno i tecnici dell’Arpa hanno prelevato una serie di campioni, poi l’intera area è stata sottoposa a sequestro preventivo d’urgenza da parte della Procura, per una estensione di oltre diecimila metri quadrati con l’ipotesi di reato in concorso previsto dall’art. 452 quaterdecies del codice penale. Si tratta di una previsione specifica del nostro ordinamento penale, ovvero di “Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti”.

Qualche giorno prima del sequestro integrale dell’area, dopo una segnalazione, era scattato un primo sequestro che faceva riferimento ad una porzione della scarpata che divide il Parco inaugurato il 23 maggio e di proprietà dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, con il viale Regina Margherita, nei pressi della via Palermo. Nei mesi precedenti quell’area era stata ripulita dai rovi e dai rami ma evidentemente la pulizia, una volta tolta la decennale vegetazione, aveva portato alla luce anche dei rifiuti. Fra questi, ai piedi della scarpata, erano state riscontrate porzioni di piccole dimensioni di materiale che potrebbe essere o contenere amianto.

Durante l’operazione di campionatura del materiale rinvenuto nella scarpata qualcuno degli addetti ai lavori ha fatto però notare che ci sarebbe potuto essere altro materiale riconducibile a cemento amianto. Il riferimento è stato all’area dove trovava alloggiamento il vecchio sismografo e che è al centro del parco e dei cerchi concentrici, che sono uno degli elementi architettonici dell’allestimento dell’area.

Infatti su una copertura in cemento armato, spiccano otto sfiati di areazione alti qualche decina di centimetri e che, secondo una prima analisi visiva dei tecnici, potrebbero essere stati realizzati usando anche amianto, elemento molto comune nelle costruzioni di una quarantennio fa e oltre. Si tratta di strutture in parte danneggiate e quasi tutte senza copertura. Il danneggiamento, se fosse confermata la natura del materiale di costruzione, potrebbe portare, potenzialmente al rilascio di fibre nell’aria.

Quest’area, va detto, è rimasta nella piena disponibilità dell’Ingv e non fa parte, come la scarpata della convenzione trentennale con il Comune per il diritto d’utilizzo. Poco dopo l’apertura del Parco, è stato posto un cartello proprio attorno all’area di copertura del sismografo sotterraneo che vietava l’ingresso ai fruitori del Parco.

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