La traiettoria compiuta dal proiettile. E se ci sono sul corpo segni di colluttazione con “terzi”. Sono queste le due domande chiave, i quesiti fondamentali, che la pm Liliana Todaro ha formulato ieri mattina al suo consulente medico legale per uscire dalle nebbie dell’indagine sulla morte del diciannovenne Michele Lanfranchi. Che qualcuno ha portato di peso in fin di vita sul ciglio della strada sabato scorso, in via Rizzo, al rione Giostra, con ancora la pistola in mano, una 7.65 che lui stesso aveva comprato qualche giorno prima al mercato nero. La tesi prevalente, almeno al momento, anche sulla scorta delle testimonianze acquisite dagli investigatori della Mobile, è che maneggiando incautamente quell’arma per farla vedere agli amici - la sicura non era inserita ? -, Lanfranchi s’è sparato un terribile colpo accidentale da distanza ravvicinata che lo ha purtroppo stroncato quasi subito.
Ieri mattina a Palazzo di giustizia tutto si è svolto in poco meno di un’ora nell’ufficio della pm Todaro per l’affidamento dell’incarico al medico legale d’eseguire l’autopsia sul cadavere dell’operaio diciannovenne. In questa strana storia ancora oscura c’è anche un indagato, ovvero il proprietario dell’abitazione di via Rizzo dove sarebbe accaduto tutto sabato scorso, il primo teatro della tragedia. Ed è il quarantenne Giovanni Laganà, amico della vittima, che è assistito dall’avvocato Salvatore Silvestro. Il quarantenne è stato iscritto nel registro degli indagati anche come atto dovuto a sua tutela con l’ipotesi di omicidio, ma nei suoi confronti la pm Todaro non ha richiesto allo stato alcuna misura restrittiva. Il suo legale ieri ha nominato un consulente di parte, il dott. Crisafulli, e adesso tutti aspettano i risultati dell’autopsia per capirci qualcosa di più.
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