L’inchiesta sulle “pressioni” per appalti e assunzioni all’ospedale Papardo che nel luglio del 2023 ha inguaiato tra gli altri l’ex parlamentare regionale di Lega e FI Antonio Catalfamo e la dirigente dell’ospedale Francesca Paratore, con la grave accusa di corruzione, è quasi diventata una “guerra di posizione” tra accusa e difesa sul piano delle esigenze cautelari. Che sono rimbalzate in questi mesi alla Cassazione ai giudici del Riesame di Messina sul concetto di “motivazioni carenti” delineato dai giudici romani, e che ora vedono però una nuova pagina scritta dai giudici messinesi.
La sintesi dell’ultima puntata di questi giorni è chiara: con le nuove e più estese motivazioni i giudici del Riesame spiegano in maniera più dettagliata del provvedimento precedente, che fu cassato dai giudici romani, che l’ex deputato e la dirigente medica rispetto al quadro indiziario molto chiaro e concreto, supportato da una mole di intercettazioni telefoniche e ambientali messe insieme dalla Guardia di Finanza durante le indagini, andavano arrestati, così come aveva chiesto a suo tempo la Procura di Messina.
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