Un nuovo documento organizzativo della Procura anche rispetto alle tipologie di reati e alle interconnessioni dei gruppi di lavoro. Un dialogo più intensificato con gli altri uffici del tribunale, soprattutto in ottica del contrasto e dello studio dei reati fallimentari e fiscali. Due nuove nomine alla Distrettuale antimafia per l’avvicendamento naturale tra colleghi, e altre ne seguiranno per vari trasferimenti: si tratta dei magistrati Francesca Bonanzinga e Roberto Conte, che alla Dda prenderanno il posto delle colleghe Rosanna Casabona, nuova procuratrice di Caltagirone, e Liliana Todaro, alla naturale scadenza dopo un decennio di permanenza all’ufficio antimafia, dove ha fornito un contributo fondamentale e di alto profilo per disarticolare i gruppi criminali della città. A due mesi dall’insediamento torniamo a fare una chiacchierata, anche su temi nazionali, con il procuratore capo Antonio D’Amato, che sta lavorando a Messina su più fronti.
Procuratore, intanto cosa ne pensa della riforma sull’obbligatorietà dell’azione penale?
«Dico no all’abrogazione del principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale che sarebbe introdotta dal progetto di legge di revisione costituzionale secondo cui il pubblico ministero esercita l’azione penale nei casi e modi previsti dalla legge. Si tratta di un sacrosanto principio voluto dai nostri padri costituenti proprio contro il rischio degli abusi del potere pubblico, a garanzia dei soggetti meno forti, dei più deboli, che, in genere si identificano nelle minoranze, a tutela dei quali il nostro codice di procedura penale attribuisce al giudice per le indagini preliminari, di fronte alla pur possibile inerzia del pubblico ministero ovvero alla sua incompletezza investigativa, il potere/dovere di rigettare la richiesta di archiviazione, ordinare nuove indagini o addirittura “imporre” l’imputazione. Quindi come può facilmente comprendersi, siffatta revisione costituzionale andrebbe ad incidere, anche, sul principio di indipendenza, autonomia e imparzialità del giudice, non solo del pubblico ministero».
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