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Messina, detenuto suicida in carcere: assolto agente penitenziario

Aveva due piani interi del carcere di Gazzi da controllare da solo, con il turno dalle otto del mattino alle dieci di sera. Questo per la solita cronica carenza di personale. Un povero detenuto, il 21 dicembre del 2018, scelse di farla finita e s’impiccò con la cintura di un accappatoio che aveva nascosto e l’elastico dei pantaloni, nell’area dell’ambulatorio esterno.
Per questa triste vicenda l’assistente capo coordinatore della polizia penitenziaria Calogero Biagio Alfieri finì sotto processo per omicidio colposo per il profilo della mancata sorveglianza.
E solo ieri mattina, dopo sei anni di udienze, è finita. Alfieri è stato assolto con la formula “per non aver commesso il fatto” dalla giudice monocratica Adriana Sciglio, a fronte di una richiesta dell’accusa di condanna per un anno e sei mesi di reclusione.
Ha avuto ragione il suo difensore, l’avvocato Domenico Andrè, il quale è riuscito a dimostrare in aula «che l’Alfieri, da solo, con turni di lavoro 8-22 era preposto alla vigilanza di due piani detentivi di alta sicurezza AS3 e quindi non ha avuto nessun comportamento negligente di vigilanza nei confronti del detenuto, in definitiva purtroppo nulla poteva fare per impedirne il suicidio», nonostante fosse stata comandata la cosiddetta “grandissima sorveglianza custodiale”.
I familiari del detenuto erano costituiti parte civile con gli avvocati Fabio Mirenzio, Veronica La rosa e Rosa Giorno.

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