Quando Maurizio Croce si candidò a sindaco, nel giugno del 2022, l’inchiesta che parecchio tempo dopo l’avrebbe messo nei guai per corruzione e finanziamento illecito ai partiti era già stata aperta. Ma lui non lo sapeva. Il primo atto ispettivo della Finanza nel cantiere di Bisconte-Cataratti, quello della “truffa dei pali”, gestito dall’Ufficio regionale del dissesto idrogeologico che Croce dirigeva, sfociò in una prima informativa nell’ottobre del 2021. Ed era frutto di un decreto della Prefettura di Messina datato ancora prima, del 3 novembre 2020. Anche l’inchiesta che lo ha travolto insieme ad altri otto indagati è datata 2021.
E sempre per mettere ordine nelle date di un’indagine che a quanto pare non è affatto conclusa, il primo vero bagliore visibile è stato l’interrogatorio dell’imprenditore etneo coinvolto, Giuseppe Capizzi, la cui ditta si aggiudicò l’appalto per la palificata di Bisconte-Cataratti. Che ha reso in due atti con i magistrati di Messina e gli investigatori del Gico della Guardia di Finanza il 12 ottobre del 2022 e il 16 novembre dello stesso anno.
Cosa raccontò Capizzi ai magistrati e ai finanzieri? Tutto. Come spiega la stessa gip Arianna Raffa nella sua ordinanza di custodia, disse di molti particolari non tanto sulla fase genetica dell’appalto, ma sulla fase dell’esecuzione. E soprattutto raccontò che la situazione cambiò completamente quando accettò di annullare le cosiddette “riserve” che come ditta aveva formulato, perché rispetto al progetto aveva trovato parecchie difficoltà operative sullo stato dei luoghi, che non gli consentivano di andare avanti nell’opera. Croce e Capizzi s’incontrarono, il primo chiese espressamente a Capizzi di annullare tutte le riserve scritte che aveva formulato, l’imprenditore emise un nuovo Sal (il cosiddetto certificato di “Stato avanzamento lavori”) senza alcuna riserva, e da quel momento si cambiò completamente registro. Cominciò insomma una nuova era di pacificazione e di rapporti cordiali.
La prima “cortesia” che Capizzi ha raccontato d’aver fatto a Croce nei suoi interrogatori è quella del famigerato Rolex Daytona da regalare all’ex direttore dell’Arpa Sicilia, nonché ritenuto dai pm gestore di fatto del negozio d’abbigliamento “Salotto” di Messina, Francesco Vazzana, l’altro indagato principale dell’inchiesta, considerato dai magistrati “uomo di fiducia” di Croce. Richiesta esaudita da Capizzi che con una serie di operazioni economiche e alcuni mediatori acquista un Rolex Daytona per 22mila e 350 euro, che viene “donato” nel giugno del 2021.
Dopo il Rolex - sempre per quanto raccontato da Capizzi nei suoi verbali -, ci fu dell’altro. Croce gli avrebbe chiesto di risolvere per un suo “amico” un problema relativo alla messa in sicurezza del Verdura Resort di Sciacca, un albergo di lusso della catena Rocco Forte con tanto di campo da golf. C’era stata una frana che minacciava... alcune buche del campo di golf, bisognava intervenire. E secondo quanto scrive la gip Raffa, Croce e Capizzi avrebbero ideato di effettuare i lavori al Verdura Resort gravando i costi sulle paratie che l’imprenditore stava realizzando nel cantiere di Messina a Bisconte-Cataratti. Le paratie “gonfiate” - ovvero meno paratie da collocare facendone figurare di più sulla carta -, per salvare le buche del campo di golf. Per un importo che secondo gli inquirenti s’è aggirato sui 93mila euro. Agli atti ci sono perfino le conversazioni e le email sulla buca da salvare, non si è capito bene se fosse la numero 8, come ricordava Capizzi, o la numero 18, come affermava Croce. Addirittura per questa vicenda Croce sostiene in una conversazione intercettata di aver incontrato a Roma personalmente Rocco Forte.
E siamo a due “cortesie”. La gip racconta nella sua ordinanza la terza “cortesia” che Croce avrebbe chiesto a Capizzi: dei lavori di ristrutturazione richiesti da Vazzana in un negozio in via Garibaldi, dal nome coinvolgente, “Baciami Stupido”, definita dagli inquirenti una succursale dell’altro negozio “Salotto” di via Garibaldi. Importo di circa 30mila euro, anche in questo caso accollati interamente dall’imprenditore etneo e svolti tra il gennaio e l’aprile del 2022. Il termine che usa la gip Raffa è singolare: furono eseguiti da operai della ditta di Capizzi impegnati per l’appalto del torrente Bisconte-Cataratti ma “distaccati” presso i locali in ristrutturazione. E siamo alla terza “cortesia” raccontata da Capizzi.
La quarta è legata al finanziamento della campagna elettorale di Croce, che si candidò a sindaco nel giugno del 2022 con il centrodestra, Lega esclusa, e poi perse contro il ciclone Basile-De Luca. Sempre a detta dell’imprenditore etneo la geometra Rossella Venuti, altra indagata e dipendente dell’Ufficio sul dissesto idrogeologico allora diretto da Croce, gli avrebbe indicato un Iban bancario lasciatole da Croce per effettuare dei versamenti, e poi successivamente Croce avrebbe affermato di aver bisogno di 50mila euro. E qui entrano in gioco i “canali di finanziamento” che Capizzi ha raccontato ai magistrati di aver adoperato per girare i 50mila euro per la campagna elettorale di Croce. Ovvero i tre imprenditori Rosario Arcovito, Giovanni Pino e Davide Tommaso Spitaleri, altri tre indagati dell’inchiesta. Somma diluita tra consegne in denaro contante, al negozio di Vazzana, e bonifici bancari vari con una fatturazione di sostegno.
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