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Ponte sullo Stretto, non contano più i sì o i no ideologici

Si apre a livello nazionale un dibattito tra gli architetti che rivendicano un ruolo essenziale nella trasformazione dell’Area dello Stretto

«Nel dibattito intorno al Ponte sullo Stretto, c'è un protagonista che dovrebbe distribuire la parola al tavolo e invece è il convitato di pietra: l'Architettura. E non è un caso che di questa opera colossale quasi nessuno ricordi l'autore, l'ingegnere inglese William Brown (neppure uno qualunque ma il progettista di ponti sospesi più autorevole al mondo). Ridotto da tempo a tema da talk show, simbolo dell'approccio ideologico al futuro, “il Ponte a campata unica più lungo del mondo” sembra essere ovunque meno che dove dovrebbe: negli interventi dei professionisti più titolati a parlare, se non altro, delle questioni progettuali e costruttive».
Meraviglioso l’attacco dell’approfondimento dedicato al Ponte sullo Stretto di Messina, pubblicato da “Interni”, una delle più importanti riviste specializzate nazionali di Architettura e Design, edita da Mondadori Media Spa. Ed è altrettanto significativa la metafora che segue: «È come se a un certo punto il relatore principale di un convegno avesse deciso di sparire senza neanche parlare, portandosi via le slide e il microfono». E il senso della riflessione di alcuni tra i più prestigiosi architetti italiani è tutta in un interrogativo: «C'è ancora spazio per una discussione laica, in cui gli architetti e l'Architettura si riprendano il proprio posto?». A chiederselo, tra gli altri, un volto molto conosciuto tra le due sponde dello Stretto, Alfonso Femia, architetto di origini calabresi, co-fondatore (assieme alla docente universitaria messinese Francesca Moraci) della Biennale dello Stretto e componente della Commissione di studio sul Ponte che supporterà il Comune di Villa San Giovanni.

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