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Messina, blitz a Fondo Fucile: “U ’nfermere” che faceva il cameriere. Tamponi a domicilio e green pass falsi

Il profilo di Alessandro Pandolfino, operatore del Policlinico, “cliente” dei Coppolino

Questo è u ’nfermere». Le parole sono di un collaboratore di giustizia, Settimo Corritore, in passato organico al clan Mangialupi, oggi al 41 bis. “U ‘nfermere” è Alessandro Pandolfino, ai domiciliari nell’operazione di ieri mattina, con un ruolo particolare: è l’operatore sanitario di fiducia del gruppo criminale, e non solo della famiglia Pandolfino. «So che questo Pandolfino fa questi favori perché assuntore di droga – dice il collaboratore di giustizia –. Non so chi sono i dottori del pronto soccorso a cui lui si rivolge. So che lui fa in modo di far prenotare visite fare favori a quelli da cui acquista la droga, perché è assuntore di crack. Lui prende deroga da vari gruppi, quando può paga oppure fa favori. Ad esempio a noi ha procurato durante il periodo Covid dei tamponi». Pandolfino è un infermiere del Policlinico e, tra le altre cose, esegue tamponi Covid a domicilio (vietato, perché vincolato da un rapporto di esclusività con l’azienda ospedaliera universitaria), ma non solo: fa eseguire esami strumentali o visite specialistiche saltando le liste d’attesa o evitando il pagamento del ticket, oppure si appropria, con la complicità di colleghi e operatori del 118, di materiale sanitario o farmaci. E nonostante il rapporto di esclusività con l’azienda, presta persino servizio come maitre di sala in alcuni ristoranti. Arriva pure a millantare conoscenze con funzionari del tribunale, tanto da spifferare presunte indagini o intercettazioni ai suoi amici, conoscenze delle quali, però, non è stato trovarlo alcun riscontro durante le indagini.
Secondo gli inquirenti, l’infermiere intratteneva rapporti con diversi soggetti della criminalità messinese, e quando effettuava i tamponi a domicilio, lo faceva anche e soprattutto a pagamento, oppure per ricambiare altri tipi di favori. Un giorno consegna una serie di tamponi ai Coppolino, che poi si scoprirà far parte di un kit del quale era stato denunciato il furto dal direttore sanitario dell’Irccs Neurolesi. Quei tamponi erano destinati all’ospedale Piemonte e, invece, sono finiti alla famiglia di Fondo Fucile, tramite il fedele infermiere.
E tra le malefatte di cui è accusato Pandolfino c’è pure il rilascio di certificazioni false. Quelle che, attestando la negatività al Covid, consentivano il rilascio del green pass per l’accesso, tra l’altro, ai ristoranti e ai locali pubblici. Emblematico un caso avvenuto nell’agosto 2021: il giorno di Ferragosto, Pandolfino prende nota dei nominativi forniti dalla figlia e per i quali è necessario procurarsi dei certificati dai quali risulti che le persone interessate (almeno sei) siano negative al Covid. Il tutto senza effettuare alcun test, naturalmente. Certificazioni palesemente false, compilate per il 21 agosto. Quella sera, infatti, si terrà in un locale di Granatari la festa del nipote di Luigi Galli, lo storico boss di Giostra. A quella festa si presenteranno anche i poliziotti, col pretesto di uno dei tanti controlli sul possesso dei green pass. Quelli di alcuni degli invitati (procurati da Pandolfino) risulteranno evidentemente flsi, con errori di compilazione, come verrà confermato, un paio di giorni dopo, dal direttore dell’Unità operativa complessa del Policlinico.
Tutte circostanze per le quali Pandolfino è accusato di peculato, insieme ad altri tre infermieri – Alessandro Coco, Giuseppe Greco e Giovanni Lombardo – e a due operatori del 118, Fabio Venuti e Antonino Andreacchio.

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