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Capo d’Orlando, dietro l’arresto di Sindoni cambi societari e non solo

L’inchiesta della guardia di finanza sull’ex sindaco

L’esecuzione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti dell’imprenditore ed ex sindaco di Capo d’Orlando Enzo Sindoni, accusato di bancarotta fraudolenta, è inevitabilmente deflagrata nel pieno delle festività nel centro paladino, nella cui storia Sindoni ha impresso indissolubilmente il proprio nome. Non solo per i risultati amministrativi in diciannove anni di sindacatura fino al 2016, ma anche per la propria consistenza imprenditoriale e le gesta sportive che hanno issato il centro tirrenico a pieno titolo nell’olimpo del basket nazionale ed europeo.
Oggi Sindoni, già in passato al centro di inchieste che hanno riguardato prevalentemente le attività nel settore agrumicolo, è chiamato a difendersi da contestazioni al momento provvisorie (è doveroso ricordarlo), che passeranno al vaglio dell’udienza preliminare già fissata per il prossimo 18 gennaio, in un quadro in cui gli inquirenti evidenziano la suddivisione tra le cosiddette “bad company” – quelle società che, a fronte di una massa debitoria insostenibile, secondo l’accusa sarebbero state svuotate di beni strumentali necessari per lo svolgimento delle loro attività e lasciate fallire – e le “good company”, le nuove aziende che avrebbero rappresentato la continuazione sostanziale delle attività delle prime.

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