Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Lorenzo, il messinese che a 42 anni recitando in carcere ha ritrovato le ali della libertà e dell’impegno

Uno degli attori della Libera compagnia del teatro per sognare che sarà a “InCanti sacri”

«Se dieci anni fa mi avessero detto che avrei fatto parte di una compagnia teatrale che si esibiva in Cattedrale non ci avrei mai creduto». Lorenzo, 42 anni, è uno degli attori della “Libera compagnia del teatro per sognare” che questa sera alle 20.30 si esibisce in Cattedrale in occasione di “InCanti sacri”, il concerto spettacolo voluto dall’arcivescovo Giovanni Accolla. Lorenzo si è avvicinato al teatro quando era in carcere grazie ai laboratori che da anni porta avanti Daniela Ursino, direttrice artistica del Piccolo Shakespeare, teatro interno alla casa circondariale di Gazzi. Ancora adesso, da uomo libero, continua a seguire progetti teatrali all’esterno della struttura.
«In questi giorni mi sono chiesto spesso cosa avrei pensato se anni fa mi avessero detto che un giorno sarei stato qui. All’epoca non potevo immaginare in un cambiamento del genere visto il contesto malsano in cui mi trovavo senza sapere cosa facevo. Oggi, invece, mi trovo qui sapendo quello che voglio e cosa cerco. Tutto questo deriva dal teatro, mi ha cambiato, oggi vedo le cose con occhi diversi», dice Lorenzo durante una pausa delle prove dello spettacolo. Racconta che gli inizi non sono stati facili: «si pensava che chi partecipava al teatro non veniva trasferito invece non era vero, alla fine è rimasto chi era davvero interessato. Nel tempo abbiamo iniziato a vedere un mondo diverso, questo grazie alle persone che hanno lavorato con noi, la stessa direttrice del carcere anche solo con uno sguardo o una battuta ci faceva capire che credeva in noi e che era contenta di quello che stavamo facendo, cosa che non è accaduta in altri istituti dove sono stato. Anche la dottoressa Ursino ha creduto in noi. Ad ogni spettacolo era come salire un gradino. La prima volta che ci siamo esibiti, quando si è aperto il sipario ci tremavano le gambe, c’erano 200 persone che ci guardavano ma ce la siamo cavati, spero che questo progetto si replichi anche in altri istituti». Un percorso che è proseguito anche fuori dal carcere: «ho deciso di mettere tutto me stesso con serietà in questo progetto per le soddisfazioni che mi ha dato».
La vita vista da fuori dal carcere non è sempre facile, anche se si è pagato per i propri errori, bisogna fare conti con il pregiudizio soprattutto quando si cerca lavoro: «purtroppo veniamo etichettati in un certo modo, in fondo non abbiamo una malattia, siamo persone, siamo pregiudicati, questa è la nostra patologia, ma tutti possono sbagliare nella vita». Lorenzo non ha grandi sogni, solo un desiderio: «quello che mi manca è un contratto di lavoro vero, serio, che non mi faccia tornare a sbagliare, un’occupazione ed uno stipendio per garantire serenità alla mia famiglia, non voglio altro».

Caricamento commenti

Commenta la notizia