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Università di Messina, seggi aperti per eleggere il Rettore. Scontro aperto tra Limosani e Spatari

Si vota dalle 8 alle 20, sarà necessaria la maggioranza assoluta dei votanti

Non essendo stato raggiunto da nessun candidato, al primo turno, il quorum valido per l’elezione, oggi l’Università torna alle urne per scegliere il prossimo rettore. I candidati rimasti in campo sono Michele Limosani, che al primo turno ha ottenuto 539 voti, e Giovanna Spatari, che invece ne aveva ottenuti 502, ma adesso è sostenuta da Giovanni Moschella, che dopo aver preso 125 voti al primo turno si è ritirato dalla contesa. Si volta dalle 8 alle 20, per l’elezione del nuovo rettore sarà necessaria la maggioranza assoluta dei votanti.

Come si arriva al voto di oggi

Che sarebbe stato un weekend di fuoco lo si era intuito già venerdì mattina, quando nell’aula magna del rettorato era ancora in corso lo scrutinio. Ma forse non ci si aspettava che una campagna elettorale fin qui tutto sommato soft, nonostante le burrascose premesse causate dallo scandalo che ha portato alle dimissioni di Salvatore Cuzzocrea, virasse a trecentosessanta gradi verso uno scontro all’arma bianca e senza esclusione di colpi. Le ultime 24 ore sono state un susseguirsi di lettere, comunicati stampa, videomessaggi, e poi telefonate, chat roventi, diversi “inoltrato molte volte” che su whatsapp testimoniano quelle che una volta si chiamavano catene di Sant’Antonio. Il clima è tesissimo all’Università di Messina e, probabilmente, quella che ha portato al voto del primo turno per l’elezione del nuovo rettore era una calma apparente, una serenità di superficie che celava ben altri sentimenti.

Moschella, andata e ritorno

A rompere gli argini di una fragile (e in fondo anche un po’ ipocrita) diga è stato l’annuncio dell’accordo tra il ritiratosi Giovanni Moschella e la seconda classificata Giovanna Spatari, che domani, per il secondo turno, uniranno le forze contro Michele Limosani, il più votato (37 le preferenze di differenza) del primo round elettorale. I due ex prorettori di Cuzzocrea (Spatari al Welfare, Moschella vicario, e cioè il “vice”) si ritrovano a braccetto, due mesi dopo una separazione, causata dalle dimissioni dello stesso Moschella, che avevano fatto rumore e che, di fatto, erano state l’incipit del periodo più turbolento della storia recentissima dell’Università (che di periodi turbolenti, ciclicamente, ne ha vissuti parecchi).
A settembre Moschella lasciava in rottura con Cuzzocrea, denunciando «un profondo scollamento con parte della squadra di governo». Due mesi dopo torna a sedersi con buona parte di quella squadra, a partire dalla prorettrice che gli è stata preferita quale erede designata (come era avvenuto cinque anni e mezzo prima, quando il precedente rettore Pietro Navarra finì per preferirgli proprio Cuzzocrea). Nel mezzo, il caso rimborsi che ha travolto Cuzzocrea, gli esposti del senatore accademico Paolo Todaro, le paginate dei giornali, l’ennesima colata di fango sull’Ateneo e le dimissioni del rettore, con la conseguente decisione di Moschella di scendere in campo, «come alternativa a due aree in contrapposizione», ha sempre dichiarato. E cioè l’area Cuzzocrea e l’area Navarra, il cui muro contro muro ha condizionato e continua a condizionare, evidentemente, le dinamiche interne all’Università.

L’accordo

Già venerdì sera Moschella ha fatto la sua scelta di campo. Un ritorno a casa, lo si potrebbe definire, che però non sarà all’insegna del volemose bene. Non è un mistero che ci siano fratture difficili da sanare con alcuni uomini chiave della governance che fu di Cuzzocrea, in primis due dei principali sponsor della candidatura Spatari, il prorettore uscente agli Affari generali, Luigi Chiara (se Moschella era il braccio destro, lui era certamente il sinistro di Cuzzocrea), e l’ex prorettore all’Internalizzazione, Antonino Germanà. Così come non è difficile credere a chi sostiene che nell’accordo – che certamente poggia sulla condivisione di alcuni punti programmatici, come ribadito dai due ex prorettori – potrebbe rientrare un’apertura di porte anche ad alcuni dei più vicini sostenitori di Moschella, in primis il direttore del Dicam, Giuseppe Giordano.
Dinamiche che fanno parte del gioco, ma che hanno generato nervosismo nell’entourage di Limosani, fortemente convinto di poter portare dalla propria parte quanti, nel “gruppo Moschella”, non hanno condiviso questo accordo (e che, sosterrà poi lo stesso Limosani, avrebbero già contattato quest’ultimo).
Limosani non ci sta Di certo i toni si sono alzati, e non poteva che essere così. Già di primo mattino è stata diffusa la lettera che ha annunciato l’intesa, all’insegna di una «esigenza di proporre alla comunità accademica la condivisione di un’idea di Università unita, capace di superare ogni sterile contrapposizione così da restituire l'orgoglio di una identità culturale e scientifica, propria del nostro Ateneo». La prima risposta di Limosani è al vetriolo: «Si tratta di due facce della stessa medaglia; due componenti del governo di Ateneo uscente che hanno condiviso un’esperienza che ha portato questa comunità alla deriva ed i cui esiti sono sotto gli occhi di tutti». Limosani parla di un incontro con Moschella, avvenuto venerdì pomeriggio, «sollecitatomi da una serie di componenti del gruppo che sosteneva la sua candidatura», di «gioco dell’oca» da parte dell’ex vicario «presentatosi quale paladino della discontinuità», e svela anche alcuni retroscena: «Nonostante il prof. Moschella si fosse proposto quale pacificatore nell’attuale scenario, oggi chiude un accordo chiedendo, di fatto, l’esclusione da incarichi di governo di colleghi i quali hanno apertamente sostenuto (e stanno sostenendo) la prof.ssa Spatari».

La controrisposta e il video

Risposta che provoca contro-risposte: «Il professor Limosani descrive ancora una volta una sua personale narrazione di fatti», dice Moschella. Che aggiunge, a proposito dell’incontro di venerdì, di «essere stato rincorso e sollecitato per tutta la giornata da tanti suoi sostenitori, a partire dal prof. Pietro Navarra». Un Limosani, continua Moschella, che «descrive addirittura, con toni inadeguati al ruolo istituzionale che aspirerebbe a ricoprire, termini di accordi assunti durante l’incontro tra la professoressa Spatari e me, al quale incontro, posso assicurare, Limosani non era presente». Il finale è durissimo: «Capisco la difficoltà a comprendere il senso di tali valori per chi è abituato esclusivamente a logiche di divisione e conflitti e di ricerca del consenso fondata su elargizioni di incarichi e di promesse irrealizzabili».
Limosani contro-contro-replica con un videomessaggio: «È vero, non ero presente, ma ho appreso dai giornali i contenuti dell’accordo che mi erano stati anticipati personalmente dal prof. Moschella». C’è pure un appello a «voltare pagina» e a «operare il cambiamento».

L’ultima parola di Spatari

Ma non è l’ultima parola. Quella spetta a Giovanna Spatari, la candidata espressione della governance Cuzzocrea, che prima di annunciare un silenzio elettorale anticipato con una lettera diffusa alla comunità accademica, affida ad un comunicato stampa la propria amarezza: «La convergenza sul programma e il metodo di lavoro tra il prof. Giovanni Moschella e me – afferma – viene strumentalmente travisata da taluni come una distribuzione di poltrone o, peggio, come veto posto ad alcuni colleghi di far parte degli organigrammi futuri. Evidentemente, queste logiche spartitorie non rientrano nei criteri che da sempre hanno indirizzato ogni mia attività, ispirata invece alla massima partecipazione e linearità nelle scelte di un gruppo fin dall’inizio unito e coeso. Sono convinta che la comunità sia perfettamente consapevole della necessità di un vero “cambio di passo” finalizzato a realizzare un progetto che veda senza discriminazioni e voglia di rivalsa la partecipazione di tutti coloro che sono animati dal desiderio di dare un contributo alla crescita della nostra comune istituzione e delle sue proiezioni sul territorio». Oggi il silenzio. Almeno pubblico. Ma i messaggini nelle chat, c’è da scommetterci, continueranno ad essere inoltrati molte volte. Almeno fino alla chiusura delle urne di domani.

 

 

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