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Sequestrata sui Nebrodi l’azienda della moglie del boss dei tortoriciani Cesare Bontempo Scavo

Dopo la richiesta del procuratore aggiunto di Messina Vito Di Giorgio

Cesare Bontempo Scavo adesso ha sessant’anni, da parecchio è in carcere ed è stato per anni il capo riconosciuto del suo gruppo mafioso dei tortoriciani. Partecipò per esempio da latitante alla fine degli anni 90 come capo della sua “famiglia” agli accordi di Polverello, in un casolare vicino Montalbano Elicona, dopo la fine della guerra spietata tra il suo grande alleato Pino Chiofalo - che è morto nel silenzio generale tempo addietro -, e i Barcellonesi. Un incontro che servì per ridelimitare i “territori di competenza” dei vari gruppi mafiosi dell’intera provincia tirrenica e sigillare le nuove alleanze. Quella sera c’erano al tavolo il mistrettese Sebastiano Rampulla “zu Bastiano”, che per anni fu il rappresentate provinciale di Cosa nostra palermitana per l’intera provincia, Salvatore “Sem” Di Salvo per i Barcellonesi, e poi Melo Bisognano, Tindaro Calabrese, Santo Lenzo. Sono vecchie storie di mafia mai troppo conosciute che adesso tornano in un provvedimento giudiziario recente, che si occupa della richiesta di sequestro di beni avanzata per alcuni familiari di Bontempo Scavo dalla Distrettuale antimafia di Messina, dal procuratore aggiunto Vito Di Giorgio.
Il provvedimento in questione è dei giudici delle Misure di prevenzione del tribunale di Messina, che nei giorni scorsi hanno accordato il sequestro dell’azienda agro-pastorale di Tortorici della moglie del boss, Carmela Puglisi, per un copione che in questi anni s’è ripetuto parecchio e nei decenni precedenti è andato avanti senza che quasi nessuno muovesse un dito: le truffe agricole all’Unione Europea e all’Agea, fiumi di denaro che arrivavano “gratis”, che ingrassavano in totale silenzio i clan mafiosi tortoriciani, che poi è l’argomento centrale della recente maxi operazione antimafia “Nebrodi”.
L’azienda agro-pastorale intestata alla moglie di Bontempo Scavo - scrivono i giudici nel provvedimento -, con sede in Tortorici, via Misericordia, che sulla carta risulta come “allevamento di bovini e bufala da latte, produzione di latte crudo”, ha per esempio percepito ventimila euro ogni anno dall’Agea tra il 2006 e il 2017. Lei è pure titolare della pensione di invalidità civile.
Il ragionamento dei giudici della Prevenzione è sempre lo stesso in questi casi: una evidente sproporzione tra i redditi minimi che nel corso di un lungo periodo ha dichiarato la donna, e quelli effettivamente percepiti che sono risultati dalle indagini economico-finanziarie. Adesso per questo sequestro si apre la fase del confronto accusa-difesa, il giudice delegato sarà Domenico Armaleo, l’amministratore giudiziario la dott. Tiziana Vinci. Prima udienza per il boss Cesare e i terzi interessati fissata il 7 febbraio del 2024.

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