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Messina, il Gran Camposanto apre le sue porte. E si restaurano le vecchie mura

Sono stati consegnati alla ditta Edil Restauri Srl di Paternò i lavori per il ripristino e il restauro delle mura del Gran Camposanto di Messina. Gli interventi programmati consentiranno la messa in sicurezza delle mura monumentali e il recupero di 250 nuovi loculi. Lo hanno ribadito il sindaco Federico Basile e l’assessore Massimiliano Minutoli durante un sopralluogo effettuato al Cimitero monumentale.
Già negli anni scorsi erano stati effettuati lavori sul muro centenario “II Nord” e il muro “Ossario N” che erano rimasti chiusi al pubblico per diverso tempo. In quel caso, tra il 2019 e il 2020, gli interventi di restauro conservativo e riutilizzo, su progetto dell’arch. Teresa Altamore e del geom. Matteo Mucari, erano stati consegnati alla ditta Destro Srl di Tortorici, per un impegno di spesa di 153mila euro.
Il Gran Camposanto, come tutti i messinesi sanno, è veramente una “città nella città”. È uno dei tre più suggestivi e importanti Cimiteri monumentali italiani (assieme a Genova e Trieste) ed è anche il più grande Parco urbano di Messina,è lo scrigno delle memorie e dell’identità, ma anche delle contraddizioni, specchio fedele di quanto avviene anche all’esterno delle Mura monumentali, tra interventi volti a migliorarne il decoro e la bellezza e zone d’ombra difficili da eliminare.
A progettarlo – il concorso fu bandito dal Comune di Messina nel 1853-54, i lavori iniziarono nel 1865 e furono ultimati nel 1872 – il grande architetto Leone Savoja, uno dei principali interprete della corrente del Romanticismo a Messina e in Sicilia. L’inaugurazione avvenne il 6 aprile del 1872, una data scelta non casualmente visto che quel giorno da Torino vennero restituiti alla città le ceneri di Giuseppe La Farina, uno dei messinesi più illustri, dei quali il Gran Camposanto custodisce la memoria. Come è stato più volte scritto, il Gran Camposanto di Messina «rappresenta l’unica memoria storica delle notevoli qualità artistiche, stilistiche e formali raggiunte dai nostri scultori ed architetti nel XIX secolo», in una città dove il terremoto del 1908 spazzò via quasi tutte le altre testimonianze artistiche risalenti all’Ottocento.

A chi lo visiterà in questi giorni di Commemorazione dei defunti, bisognerebbe dare una mappa di tutti i capolavori e delle aree monumentali presenti all’interno della “città dei Morti”. Dall’ingresso con la scritta “Orate pro defuntis” al “cimitero degli Inglesi” che, originariamente, sorgeva nella Falce. Dal Famedio, l’imponente colonnato dove si trovano i monumenti a Giuseppe La Farina dello scultore Gregorio Zappalà; a Giuseppe Natoli di Lio Gangeri; a Felice Bisazza di Gaetano Russo; a Silvestro La Farina di Saro Zagari; a Francesco Saya di Giovanni Scarfì, fino al Cenobio, la chiesa in stile neogotico dalle eleganti forme, progettata dall’architetto Giacomo Fiore (1808-1893). Nella spianata circostante si trovano pregevoli monumenti sepolcrali, realizzati fra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900.

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