Dopo un’attesa di tre anni, è stato inaugurato il Polo universitario del Dicam, il Dipartimento di Civiltà antiche e moderne che, assieme al Dipartimento di Veterinaria e alla Cittadella sportiva universitaria, è il cuore pulsante del “campus” di UniMe all’Annunziata. Il Dicam è l’erede della bella e ricca tradizione della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Ateneo messinese e ora è pronto ad ospitare i suoi studenti nella maniera più confortevole possibile, grazie ai numerosi cambiamenti dovuti alla ristrutturazione che ha reso il plesso completamente nuovo, moderno e innovativo. Un Polo universitario dove splende, anch’essa rinnovata, la Biblioteca, uno dei “gioiellini” architettonici del progetto risalente agli anni Ottanta-Novanta. «Tornare al Dicam – afferma Giuseppe Cannistrà, studente di Metodi e linguaggi del giornalismo –, dopo tutto questo tempo, è come respirare una boccata d'ossigeno. Per me è come tornare in quella che definisco “la mia seconda casa”, visti tutti i momenti belli e spensierati vissuti qui prima della chiusura. Sono sicuro che tutte le modifiche fatte ci permetteranno di vivere appieno l'esperienza universitaria e goderci anni che ricorderemo per tutta la vita. Spero che questa riapertura segni un nuovo inizio dopo il periodo difficile che tutti gli studenti e le studentesse hanno dovuto affrontare durante il periodo pandemico». L'inizio dell'attività didattica del primo semestre ha permesso ai nuovi studenti di scoprire per la prima volta il volto della sede principale delle materie umanistiche, e per chi invece già da prima della pandemia ha avuto modo di frequentare il Dicam, oggi ha la possibilità di ritrovare il plesso del tutto modernizzato. «È una grande emozione stare qui – raccontano Chiara Fedele e Giulia Cavallaro, studentesse di Lettere moderne –, avremmo voluto esserci già dai tempi dell’immatricolazione. Una bella ventata di novità, è un Dipartimento letterario a tutti gli effetti, leggere tra i corridoi le citazioni di grandissimi autori della letteratura è un bel colpo d'occhio. Da gennaio scorso ci era consentito entrare in Biblioteca, già da li abbiamo respirato quella che è l'emozione di vivere il nostro Dipartimento». «È una giornata molto importante per me – afferma Martina Saccà, rappresentante del Dipartimento Dicam e studentessa di Filosofia –, credo che sia tutto ben riuscito, il risultato supera le aspettative. I “feedback” del ritorno da parte dei colleghi sono tutti positivi. Riuscire ad avere finalmente aule sistemate, pulite, dotate di condizionatori, può sembrare scontato ma per noi non lo è stato. Da rappresentante non è stato facile sentire durante questi anni di ristrutturazioni le lamentele da parte degli alunni Dicam, costretti a migrare nel Dipartimento di Farmacia, però la passione per ciò che abbiamo scelto di studiare ci ha permesso di resistere e continuare il nostro percorso universitario. E l'attesa, comunque, possiamo dire che sia stata del tutto ripagata». Per l’attività didattica, il Dicam ha a disposizione 23 aule, fra cui anche il grande Auditorium, un altro dei fiori all’occhiello del complesso edilizio. Si aggiungono un laboratorio linguistico, un laboratorio di informatica e un laboratorio audiovisivo. Per la gestione delle aule, il Dipartimento è dotato di un sistema informatizzato, che permette anche di consultare la disponibilità delle aule per giorno, ora e corso di studi, nonché di inserire e modificare la prenotazione di un’aula. E nessun’aula è assegnata esclusivamente ad un corso di studi perché è possibile gestire in maniera armonica le esigenze di tutti i corsi. Alessia Runci, studentessa della magistrale in Civiltà letteraria dell'Italia medievale e moderna ci racconta del suo ritorno: «Non è solo un ritorno ma anche un nuovo incontro – afferma – con questa nuova struttura perché sono cambiate tante cose, dalle aule ai dispositivi elettronici, sono state aggiunte anche le macchinette di cui non avevo memoria. Abbiamo notevoli aspettative per l'auditorium che ancora non è pronto, ma sappiamo che sarà uno dei più grandi a partire da Roma in giù».