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"Lillo il Marinaio": ecco chi è Fabrizio Sarti, in arte Sea, autore del murale

In una recente intervista su un giornale specializzato, alla domanda su “Quali sono i tre progetti che più ti hanno dato soddisfazione?”, Fabrizio Sarti, in arte Sea, rispondeva senza esitazioni: «Sicuramente in primis “Lillo il Marinaio”, per come è stato recepito dalla gente, è entrato subito nei cuori dei messinesi. Quando mi scrivono lo chiamano per nome, questo fa capire come è diventato parte integrante della comunità. Non è solo un disegno su un muro ma uno di loro. Al secondo posto l’intervento per l’Ikea a Parma nel cavalcavia di via Trento, sempre per il riscontro che ha avuto nella cittadinanza grazie alla quale dopo un primo step estivo, sono stato chiamato alcuni mesi fa dal Comune per proseguire e concludere l’intervento! Al terzo posto c’è il lavoro realizzato a Genova nel quartiere di Sampierdarena a quattro mani con l’amico Mr Fijodor. Questo lavoro è stato contestato da alcuni rappresentanti comunali con la minaccia di copertura, ma poi è stato salvato grazie all’entusiasmo dei cittadini del quartiere».

L’Amministrazione comunale ha intenzione di ridargli l’incarico per far rivivere l’immagine di Lillo, visto che tanti messinesi si erano affezionati nel vedere quel volto, con la pipa in bocca, pur in un contesto di assoluto degrado urbano, quale quello tra la Dogana e via Campo delle Vettovaglie.
Fabrizio Sarti, classe 1977, ha dato vita negli anni Duemila al progetto “SeaCreative”, quello che è stato definito «un melting pot di Street Art, muralismo, performance, lavori su tela e graphic design». L’artista varesino utilizza varie tecniche: «Solitamente su muro lavoro con idropitture, pennelli e rulli, anche se a volte mi avvalgo dell’aiuto di spray o “stencil” a seconda della necessità. Invece per tutto il resto mi piace sperimentare, che sia scultura, pittura, illustrazione digitale. Vale qualsiasi tecnica, se mi può aiutare a materializzare le mie idee». E proprio grazie alla illustrazione digitale il suo “Lillo” potrebbe, comunque, tornare a campeggiare sulla facciata del nuovo edificio che verrà realizzato sulle macerie degli ex Magazzini Generali.

Sarti ha più volte chiarito che, a differenza di altri “writers”, le sue opere «nascono principalmente da un’esigenza personale, sono terapeutiche. Non sono opere di denuncia sociale o a sfondo politico. Non pretendo che la mia chiave di lettura sia valida per tutti. Non cerco un messaggio ma una reazione, che sia positiva o negativa, l’importante è dare vita a una scintilla che si concretizzi nella libera interpretazione personale». E ha anche precisato che definire “Street Art” qualunque cosa venga disegnata sui muri, anche nefandezze inenarrabili, è un vero e proprio insulto agli autentici artisti. E ancora, in un’altra intervista, alla domanda su “Come vivi il fatto che le opere di Street Art siano in qualche modo “effimere”, siano esposte insomma alla caducità del tempo?”, lui ha risposto: «Ti dico la verità, quando viene cancellato un mio lavoro, imbrattato o consumato dal tempo, non nego che una parte di me ne soffra, non posso negarlo. Dipingere una parete è un’azione molto coinvolgente per un artista, sia fisicamente sia mentalmente si crea una certa alchimia. Ma ho scelto consapevolmente di intervenire in un contesto urbano, vivo, in continuo cambiamento, quindi fa parte del gioco dello scorrere del tempo. Altrimenti basta restare in casa a fare una tela, cosi resta lì per sempre».

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