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Definitiva la confisca all'imprenditore Molino: rapporti di tipo “familiare-affaristico” con Cosa nostra barcellonese

Con il rigetto del ricorso da parte della Cassazione è diventata definitiva la confisca del patrimonio di 7 milioni di euro all’imprenditore barcellonese 63enne Domenico Molino. L’uomo, secondo le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, avrebbe avuto rapporti di tipo “familiare-affaristico” con Cosa nostra barcellonese. Nel 2019 si registrò nei suoi confronti una condanna a 5 anni e 4 mesi per estorsione aggravata. E con la sentenza del 29 marzo 2022 la Cassazione ha reso definitiva quella condanna nel procedimento “Gotha 7”, per estorsione aggravata dal metodo mafioso. L’uomo è assistito dagli avvocati Tommaso Calderone e Sebastiano Campanella.
La decisione è della prima sezione penale presieduta dal giudice Giacomo Rocchi. Il procuratore generale si era espresso per il rigetto del ricorso presentato dai legali. Scrivono tra l’altro i giudici nel provvedimento, rispondendo tra l’altro ad un ricorso aggiuntivo presentato dall’avvocato Campanella, che «... Nel caso qui considerato, l’appartenenza di Molino alla cosca barcellonese, sia pure sino al 2009, è stata puntualmente motivata dai Giudici di merito con il riferimento: 1) ai legami di affinità tra Molino e la famiglia della moglie, Carmela Milone, il cui padre, Filippo Milone, è stato condannato per il reato di cui all'art. 416-bis c.p. nel procedimento c.d. Mare Nostrum; 2) alle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, che lo hanno indicato come imprenditore organico al gruppo dei barcellonesi; 3) alla condanna di Molino, della moglie e del suocero, nel procedimento c.d. Gotha 7, per il reato di cui agli artt. 110, 629, primo e secondo comma, cod. pen., 7, d.l. n. 152 del 1991 (estorsione, commessa da Filippo Milone, ai danni di Rosario Presti in relazione alla concessione di un subappalto in favore di Molino); alle dichiarazioni del collaboratore Carmelo D'Amico, secondo cui Molino aveva partecipato all'estorsione commessa da Filippo Milone ai danni di Vincenzo De Pasquale».

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