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«Dall’inferno del terremoto in Marocco ringrazio tutta la città di Messina»

Il marittimo, imbarcato sulla “Grimaldi”, ha lasciato il lavoro per correre in Marocco dopo il terremoto e ringrazia tutti i messinesi per il loro grande cuore

I suoi passi si sono fermati tra le macerie. E tra i brandelli di normalità ricuciti voracemente. Anche se il tetto è diventato per molti solo il cielo. Lo stesso che si prega a mani giunte. Giorno e notte. Guardando quello che resta, chi resta, e quell'orizzonte da ridisegnare a tutti i costi. Era imbarcato sulla "Grimaldi" Othmane Ait Mhamed Ou Ali, classe 1999, allievo ufficiale di coperta, e quando il sisma ha messo in ginocchio il suo paese di origine non ci ha pensato due volte e ha detto "Io sbarco, vado ad aiutare il mio paese".

E da qualche giorno è arrivato lì fra la sua gente: «La scorsa settimana – racconta il giovane – sono arrivato a Marrakech, in Marocco. Sto facendo fatica a riprendermi, dopo quello che ho visto. E vi assicuro che la realtà è nettamente peggiore rispetto a quello che si vede in televisione e che si legge nei giornali». Il giovane ci tiene a ringraziare tutti coloro che hanno teso una mano al suo popolo, soprattutto la città di Messina che lo ha "adottato" da quando era bambino : «In tanti mi stanno scrivendo e mi stanno chiamando, – continua – per chiedermi di cosa abbiamo bisogno. E ancora una volta, per l'ennesima volta, la città dello Stretto ha dimostrato di avere un cuore enorme. Al momento, qui, si vive alla giornata. Sabato, ad esempio, c'è stata un'altra scossa di terremoto, molto forte, seguita da un velocissimo e stranissimo suono. E ci siamo allarmati tanto. Fortunatamente, però, è passata. E domenica sera, alle 23.05, un'altra ancora. Anche questa, seguita da un rumore, assordante, che non so neanche spiegarvi. Sto facendo la spola tra due paesini, due piccoli distretti, sempre all'interno del centro abitato di Marrakech, dove ci sono i miei familiari».

Stanno arrivando tanti aiuti e con i contributi sono stati comprati cibo e beni di prima necessità. Tendoni e capannoni, in cui dormire la notte. E anche con le donazioni dei messinesi il giovane ha comprato vestiti per i bambini. E i piccini non si perdono d'animo e corrono ancora dopo mangiato per andare a giocare Immagini che cercano di scaldare il cuore e che spezzano il pianto : «Per adesso, – sottolinea con lo sguardo fiero – non sto mai fermo, cerco di aiutare i miei familiari e chiunque abbia bisogno di me. Lunedì è arrivata anche mia mamma e sono andato a prenderla a Marrakech. Hanno trasferito l'intera popolazione delle zone più colpite nei distretti in cui sono presenti i tendoni, ma c'è anche tanto nervosismo, oltre che tanta disperazione. In tante zone manca anche la corrente elettrica. In altre, invece, va e viene. Anche noi ci siamo sistemati in una tenda, perché casa nostra è inagibile. La mia speranza è che presto, pian piano, si possa tornare alla normalità».
Il ritorno in Sicilia? «Non lo so. Per il momento da qui non mi muovo. La mia gente ha bisogno di me. E io ho bisogno di stare con loro e di assicurarmi che stiano bene. Se ho paura? Tanta, certo. Qui tanti temono che possano esserci altre scosse, molto forti. La notte facciamo fatica a dormire, per la paura di non poterci svegliare».

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