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Messina, annullato il “41 bis” per il boss di Mangialupi Alfredo Trovato

È il primo annullamento deciso dalla Cassazione sul regime del “41 bis” da otto anni e cinque mesi a questa parte. E riguarda il boss di Mangialupi Alfredo Trovato, considerato dalla Distrettuale antimafia e dagli investigatori al vertice di uno dei gruppi storici della città, che da sempre si è occupato di smerciare grossi quantitativi di stupefacenti su larga scala.
Trovato però nel processo “Domico” dopo un rivio della Cassazione è stato assolto nell’aprile del 2021 dalla corte d’appello di Reggio Calabria dall’accusa più grave quella di “capo promotore” del gruppo di Mangialupi, con la formula «per non aver commesso il fatto». E proprio questa assoluzione è stata uno degli argomenti preminenti sviluppati dal suo difensore, l’avvocato Salvatore Silvestro, che nei mesi scorsi aveva investito i giudici romani della questione, chiedendo che venisse revocato il “41 bis”, decisione che i giudici hanno adottato proprio nel pomeriggio di ieri. «Purtroppo da anni - commenta su questa decisione molto particolare l’avvocato Silvestro -, trova applicazione il principio secondo cui “il ministro della Giustizia applica il regime differenziato e il ministro lo deve revocare o non rinnovare”, con la conseguenza che spesso anche se mutano le condizioni che ne avevano determinato l’applicazione lo stato di devastante isolamento permane. Da oggi - conclude il legale -, si apre un piccolo spiraglio di speranza per tutti quei soggetti che, come il Trovato , non avendo a loro carico contestati stragi o delitti di mafia si trovano ristretti in siffatte condizioni solo per legittimare la perpetrazione di un istituto che appare per molti versi contrario ad ogni forma di umanità. Comunque - concludo attendo le Motivazioni della Suprema Corte per esprimere un giudizio più preciso in punto di diritto

C’è adesso la sentenza per il “processo da rifare” a Reggio Calabria per l’operazione Dominio, ovvero la riorganizzazione del clan di Mangialupi, la cui pressione mafiosa su tutto il territorio di Gazzi e Provinciale fu stroncata alla fine del marzo 2017 da un’operazione della Distrettuale antimafia di Messina e della Guardia di Finanza. Ieri infatti dopo il rinvio deciso ad ottobre scorso della seconda sezione penale della Cassazione, sulla vicenda si è pronuncia la corte d’appello di Reggio Calabria per gli imputati che in appello, a Messina, nell’ottobre del 2019 vennero tutti condannati a pene pesanti.

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