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Com'è cambiato il mare alle Eolie: arriva il barracuda, ma c'è il pericolo vermocane

Si parla ancora poco di quanto possa diventare pericoloso per il nostro mare questo vorace predatore, tra l'altro molto urticante. Si nutre principalmente di prede morte ma anche di nudibranchi, anemoni, ricci, stelle marine ed altri organismi marini sul fondale.

Foto Fabrizio Fabroni

«Il mare delle isole Eolie sta cambiando e chi frequenta le isole, così come gli abitanti, si stanno abituando a nuotare tra i pesci pappagallo e i barracuda e ad osservare sul fondale e tra le fessure della roccia granchi corridori e vermocani che divorano stelle marine e nudibranchi».
Ad affermarlo è la nota biologa marina, Monica Blasi, che da anni con la sua associazione “Filicudi Wildlife Conservation” si occupa della salvaguardia delle popolazioni di cetacei e tartarughe marine nelle Eolie. «Abbiamo parlato spesso di quanto la pesca intensiva abbia drasticamente ridotto le risorse ittiche del mare Eoliano, ma poi c'è un altro fattore che aggrava la situazione, il cambiamento climatico. Specie alloctone o fino ad ora confinate nelle porzioni più meridionali del nostro Mediterraneo – continua la dottoressa Blasi – traggono vantaggio dall'aumento della temperatura, dalla carenza di predatori e da una generale condizione di degrado del mare, riducendo la nicchia trofica di specie locali o anche diventando voraci predatori della fauna marina nostrana. Il vermocane, Hermodice carunculata, è l'esempio più lampante, una volta tipico solo delle coste Ioniche e dell'adriatico meridionale. Si nutre principalmente di prede morte ma anche di nudibranchi, anemoni, ricci, stelle marine ed altri organismi marini sul fondale.

Si parla ancora poco di quanto possa diventare pericoloso per il nostro mare questo vorace predatore, tra l'altro molto urticante, che non solo sta aumentando numericamente e in dimensioni ma anche espandendo il suo areale di distribuzione, provocando una drastica riduzione della biodiversità marina nonché danni al settore della pesca artigianale è a quello turistico. Il granchio corridore atlantico, il Percnon gibbesi, originario delle coste orientali americane, e prettamente erbivoro, che con le sue notevoli capacità di schivare i ben pochi residui predatori, come ad esempio i polpi, ha ridotto la nicchia trofica delle specie autoctone come Eriphia verrucosa e Pachygrapsus marmoratus, che condividono lo stesso habitat.

Il pesce pappagallo, Sparisoma cretese, sempre più comune sui nostri fondali e in espansione alle alte latitudini: questa specie è il diretto competitore dell’erbivora Sarpa salpa, nutrendosi principalmente di alghe e piccoli invertebrati».
L’elenco si allunga, testimonianza di una preoccupante mutazione che sta avvenendo nei nostri mari: «Poi ci sono osservazioni non ancora ben riportate a livello scientifico – conclude l’esperta dei mari eoliani – che indicano come alcune specie si stiano adattando meglio di altre a questa nuova condizione di cambiamento del mare.

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