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La tragedia di Brandizzo, parla il papà del messinese Kevin Laganà: "Paghi chi ha colpa. Mio figlio non tornerà"

Un ragazzo che lavora e esce di casa e «non viene più a casa. Mio figlio è andato via tranquillo da casa, ha mangiato, ha cenato». A parlare è il messinese Massimo Laganà, il padre di Kevin, il giovane di 22 anni di Vercelli, tra i cinque operai morti nell’incidente a Brandizzo, nel Torinese. L’uomo riferisce le ultime parole di Kevin, pronunciate proprio la sera di mercoledì uscendo di casa: «Papà ci vediamo domani». E prosegue: «A mezzanotte mi ha mandato un messaggio: "Papà ti amo" e non l’ho più visto rientrare a casa. Mio figlio come vedete... gli amici sono qua presenti... cosa era mio figlio. Io ho bisogno di giustizia: chi ha colpa paghi, solo questo, Chi ha colpa paghi, solo giustizia» aggiunge commosso. Lavorava da un anno per la Sigifer, «andava tutte le sere. Sera giorno, quello che capitava. Gli piaceva l’ambiente, si trovava bene, con gli amici, con la ditta, con tutti» racconta.

«Era un ragazzo semplice - aggiunge lo zio di Kevin, Giovanni Caporalello -. Mio nipote era un ragazzo semplice per tutti. Lo vedete anche voi qua in giro che ragazzo poteva essere mio nipote non viene più a casa. Adesso chi lo dice a mio fratello che non lo può più chiamare di notte né di giorno? Perché lo chiamava tutti i giorni suo figlio. Mio fratello lavora con me e tutti i giorni lo chiamava. Adesso non c'è più». «A chi dobbiamo dire questo? Un ragazzo che va a lavorare - prosegue lo zio - e non viene più a casa, a 22 anni. Non ci sono parole, siamo distrutti».

Il dolore degli amici

Si abbracciano, indossano tutti una maglietta con stampata sopra una foto del loro amico, Kevin Laganà, 22 anni, con un falco su un braccio. «Siamo cresciuti insieme, lui era un ragazzo semplice, umile, educato, solare». Una frase ciascuno, compongono il ricordo dell’amico, a tratti faticano a parlare. «Non doveva succedere una cosa così, soprattutto sul lavoro. Uno la notte va a lavorare e non torna più. Dovrà pagare le conseguenze chi ha causato lo sbaglio. Non può essere un errore di comunicazione. No», dice una terza voce. "Lui mi ha cresciuto per otto anni, è imperdonabile» si aggiunge una quarta. «E' tornata solo la sua macchina, ma lui no» un quinto amico. Proseguono mezza frase a testa: «Era sempre puntuale, non arrivava mai in ritardo, non mancava mai. A 22 anni così non ce ne sono». E concludono all’unisono quando si domanda cosa chiedono per Kevin: «Giustizia, giustizia, anzi io la pretendo proprio la giustizia, perché non è una cosa normale, non nel 2023 che uno vada a lavorare e non torni più. L’unica cosa che ci resta di lui è viverlo nei ricordi e inciderlo in ogni ricordo, bello o brutto che sia, lui vivrà sempre». Di fronte a casa già ieri qualche persona c'era e oggi sono diventati un centinaio, hanno anche sparato fuochi d’artificio, i mazzi di fiori non si contano, in mezzo ai palloncini. C'è uno striscione appeso: «In ogni risata ci sarà il tuo nome per sempre nei nostri cuori» e sul telo bianco ci sono scritti decine di messaggi di amici, con il nome del ragazzo a lettere fatte di palloncini. A terra i lumini e come una processione continua di abbracci, preghiere, prosegue ancora nel tardo pomeriggio.

 

 

 

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