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Piemonte-Neurolesi, presidio essenziale a Messina. Il primario: «Pochi i medici disponibili»

Fondato negli anni della ricostruzione dopo il terremoto del 1908 , l’ospedale Piemonte è il presidio storico della Sanità messinese. Il suo Pronto soccorso è punto di riferimento per la città e per la provincia. Lo è stato anche durante la pandemia. Tutti ricordano il giorno esatto di apertura del reparto Covid. «Era il 6 gennaio, è stato realizzato in soli sei giorni», ripetono tornando mentalmente a quei momenti. Adesso che l’emergenza è alle spalle, si è tornati all’attività di sempre ma le misure anti-Covid sono ancora in atto. Dentro il pronto soccorso ogni utente è sottoposto a tampone, in caso di positivi ci sono posti letto e aree dedicate.

Il reparto Covid, per fortuna, è vuoto. L’ospedale è ancora in attesa dei famosi 91 milioni di euro che erano stati destinati anni fa a questa struttura e che potrebbero rilanciarla. Quei fondi potrebbero permettere molti cambiamenti come la creazione di un percorso che dal Pronto soccorso porti direttamente alla Radiologia, far decollare l’Obi-Osservazione breve intensiva e molto altro ancora. Nel frattempo, si continua a lavorare affrontando i problemi tipici di tutti i Pronto soccorso. «Qui arrivano le emergenze “pure” – spiega Clemente Giuffrida, primario del Pronto soccorso del Piemonte-Neurolesi –, nel senso che non avendo un’attività ambulatoria che supporta in maniera globale quella del pronto soccorso, i pazienti che arrivano sono fondamentalmente quelli che hanno necessità di venire al pronto soccorso, poi che sia una necessità oggettiva o soggettiva questo è un altro discorso».

Anche per il Pronto soccorso dell’ospedale Piemonte le emergenze maggiori in estate sono quelle legate ai colpi di calore: «Nelle settimane del grande caldo – prosegue Giuffrida – sono arrivati soprattutto anziani in ipertermia o disidratati, pazienti anche di età molto avanzata, il resto sono le classiche situazioni che riguardano pazienti con traumi, con problemi cardiaci, cerebrali, siamo un’azienda ad impronta neurologica quindi vengono anche pazienti con ischemia cerebrale acuta e le classiche patologie». Il dott. Giuffrida è al Pronto soccorso del Piemonte dal 2007 e conosce bene questo tipo di realtà: «Le criticità maggiori sono quelle di tutti i Pronto soccorso italiani che hanno organici non appropriati rispetto all’attività e posti letto che non permettano di drenare i pazienti dalle strutture di primo aiuto».

L’emergenza, infatti, non è una realtà ambita dai medici: «Perché è molto complessa, piena di responsabilità – spiega il primario –, purtroppo non ha un riscontro economico che possa rappresentare una spinta, qui il medico ha un guadagno pari a medici che sono in aree molto più serene e tranquille».
Il Pronto soccorso del Piemonte-Neurolesi è abbastanza organizzato, ha un’ampia sala d’attesa dedicata ai parenti e accompagnatori dei pazienti, aria condizionata, un monitor che segnala i pazienti in attesa e quelli in visita, panchine per chi vuole stare fuori e due gazebo, un servizio di vigilanza all’ingresso e anche il supporto dei ragazzi del servizio civile che gestiscono un progetto di umanizzazione. Rappresentano l’interfaccia del Pronto soccorso, un raccordo tra parenti in attesa e struttura.

 Manca un posto fisso di polizia. In caso di sovraffollamento c’è un piano che prevede in situazioni di particolare gravità percorsi preferenziali per i servizi con l’abbattimento dei tempi per l’attesa dei responsi radiologici e dei laboratori di analisi e l’implementazione dei posti letto.
Nella sala d’attesa ci sono una decina di persone, c’è chi racconta delle precedenti esperienze in altri Pronto soccorso, chi dice che in questo ospedale sono nati i propri figli e una signora che ricorda quando «c’ero stata qualche volta da bambina». L’attesa per tutti sembra infinita. «Sono qui da due ore aspetto mio nipote che ha avuto uno strappo muscolare – racconta una donna –, abito nelle vicinanze, l’ospedale Piemonte è un punto di riferimento essenziale, gli altri ospedali sono troppo lontani».

In attesa anche una famiglia in ansia per il padre anziano: «Siamo arrivati alle 7,30, è stato il caso non una scelta perché il 118 ci ha portati qui, mi sembra che ci sia una buona organizzazione». Poco distante ci sono anche una donna e un uomo, entrambi giovani: «Aspettiamo da un’ora mezza, abbiano scelto di venire qui perché pensiamo che altrove avremmo aspettato di più, il monitor aiuta nell’attesa ma purtroppo non sappiamo il codice che corrisponde al paziente dunque non sappiamo esattamente a che livello è la visita, comunque sempre meglio questo che niente».

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