Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Università di Messina, i perché dello stop al voto. Continua la “guerra” epistolare

Sei pagine bollenti, per riscaldare ulteriormente la già torrida estate dell’Università di Messina. Sarà che l’ermellino, in natura, è una specie che mal si concilia con le temperature estive. Sarà anche che in una città universitaria come Messina la corsa all’ermellino che conta, quello indossato dal rettore, è da sempre molto più che una questione semplicemente interna ai corridoi dell’Ateneo. Fatto sta che la “guerra” epistolare in corso negli ambienti accademici non si placa e, dopo le due lettere del decano Letterio Bonina – che ha aperto il fronte, fissando a sorpresa le elezioni per il 29 settembre – e quella di risposta di 325 docenti (poi diventati 525), ecco la nota interna, facilmente “scappata” dalle mura di piazza Pugliatti, con cui il direttore generale dell’Ateneo, Francesco Bonanno, non ha pubblicato il decreto di indizione delle elezioni formalizzato da Bonina. Una nota di sei pagine, piuttosto dura, che offre il suo contributo all’innalzamento della temperatura all’Università.
Basterebbero poche righe, scritte nella seconda delle sei pagine, per chiudere la questione: «Il decreto di indizione risulta essere stato formato in data certamente anteriore rispetto a quella prescritta dalla legge e risulta pertanto irricevibile e trasmesso da soggetto incompetente». Ma ovviamente c’è molto di più. Ci sono i dettagli, a partire da quello che dettaglio non è: l’attuale rettore, Salvatore Cuzzocrea, è stato nominato con decreto il 18 aprile 2018 e le elezioni, secondo legge, vengono indette sei mesi prima della scadenza del mandato. Il 20 luglio, giorno in cui invece Bonina ha firmato il decreto, anticiperebbe questi tempi, che invece dovrebbero concretizzarsi il 18 ottobre. E cioè dopo il pensionamento dello stesso decano, previsto per il 1. ottobre.
Ma ci sono anche altri punti, che rendono, secondo il dg Bonanno, «illegittimo» l’atto del decano. Punti che sono, per lo più, procedurali. Nel decreto, ad esempio, è indicato un responsabile del procedimento, che però dovrebbe essere indicato dal direttore generale, non dal decano. Non sarebbe stato rispettato il regolamento per la formazione dell’albo dei presidenti e degli scrutatori.
C’è poi la questione, scrive ancora Bonanno, della «contraddittorietà ed illogicità dell’avvio del procedimento elettorale da parte di un decano che potrebbe non portare a termine le proprie funzioni fino alla proclamazione dell’eletto, prevista per una data successiva a quella della propria quiescenza». Il cronoprogramma fissato da Bonina, infatti, prevede queste “tappe”: venerdì 29 settembre prima votazione, venerdì 6 ottobre seconda votazione, venerdì 13 ottobre eventuale ballottaggio. Due di queste avverrebbero dopo il pensionamento dello stesso prof. Bonina. In altre parole, «il procedimento elettorale – continua il dg – risulterebbe comunque “frazionato”: avviato da un decano e, in ipotesi di seconda votazione o ballottaggio, concluso da altro docente nuovo decano; ipotesi, questa, mai occorsa prima e non compatibile con il dettato normativo».

Quindi non si voterà? Stando così le cose, non a settembre. O almeno non sembrano essercene le condizioni. Ma al di là delle questioni procedurali, sullo sfondo è facile intravedere una spaccatura politica all’interno dell’Ateneo, che di fatto vede contrapposte due anime un tempo unite: quella più vicina all’attuale rettore, Salvatore Cuzzocrea, e quella che, invece, è rimasta legata al suo predecessore, Pietro Navarra, che – è questo il paradosso iniziale di questo scontro – dello stesso Cuzzocrea era stato primo “sponsor” alle elezioni del 2018. Poi qualcosa si è rotto, le frecciate e i duelli a distanza tra i due ormai non si contano e questo non ha fatto altro che alimentare, dentro il corpo accademico, una divisione in fazioni, solo parzialmente (e non del tutto fedelmente) rappresentata dall’affaire elezioni di questi giorni. Anche i due nomi fin qui emersi nella rosa delle candidature – quella già ufficiale di Michele Limosani e quella ancora “in nuce” di Giovanna Spatari – sembrano riflettere questa situazione.
La mossa del decano Bonina ha agitato acque che solo apparentemente erano calme. E ha fatto emergere il vero punto focale (oggetto, non a caso, di un’interrogazione parlamentare di Azione-Italia Viva, del deputato Luigi Marattin, spesso a “braccetto” con Navarra durante gli anni a Montecitorio di quest’ultimo) della questione: la partita romana per le proroghe dei mandati dei rettori. Una partita ancora aperta, dalla quale, giocoforza, dipenderà il risultato finale. L’estate è ancora lunga.

Caricamento commenti

Commenta la notizia