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Tari, scattano verifiche alle aziende di Messina. E i primi test fanno... tremare

Tre concessionari di auto dichiarano il 20% della superficie reale Alcuni uffici pubblici “nascondono” due terzi di quanto dovuto

In questa settimana agli indirizzi di posta certificata di molte aziende arriverà la richiesta di una resa dei conti. Quella della Tari. Arriveranno alle aziende che risultano attive ma che non si sa se hanno una sede e se producono rifiuti. Uno studio della primavera scorsa ha evidenziato come in base ai dati della Camera di Commercio vi siano in città 18.533 partite iva attive. Il database Tari ha in pancia 11.021 utenze non domestiche di cui solo 6.355 sono partite iva, il resto fa riferimento a codici fiscali. «Dovremo capire – disse in quella circostanza l’assessore ai Tributi Roberto Cicala – le altre 12.178 partite Iva come smaltiscono i rifiuti prodotti. Si tratta di aziende con sede operativa a Messina».
Ma l’analisi a campione delle utenze non domestiche, in particolar modo quelle dei maggiori contribuenti sembra aver lasciato spazio a più di un dubbio sul fatto che la tassazione non sia corretta. Soprattutto, sul campione, non vi sarebbe corrispondenza fra quanto versato e quanto realmente dovrebbe essere pagato per lo smaltimento dei rifiuti.
In base allo studio dello stesso assessorato ai Tributi, solo per fare qualche esempio molto generico, sono stati analizzati tre concessionari auto della città e si è rilevato come la superficie assoggettata ( cioè dichiarata a i fini del calcolo della Tari ) non supera il 20% di quella effettivamente occupata sempre ai fini del tributo sui rifiuti.
Ma il discorso riguarda anche gli uffici pubblici perché, due enti a partecipazione statale dichiarano una superficie inferiore a un terzo rispetto a quella risultante al catasto. Non solo, oltre due terzi di altri immobili risultanti come proprietà dello stesso ufficio pubblico non risultano per niente dichiarati.
Il focus poi si è spostato sulle attività di somministrazione cibi nel centro città. «Su una decina di attività è risultato come la superficie esterna operativa (ad esempio i dehors) non sono dichiarati ai fini Tari – spiega Roberto Cicala – . L'errata dichiarazione della superficie tassabile per le attività non domestiche è risultato comunque come criticità già nello studio Tax Gap Tari di febbraio, dove si evidenziava che la percentuale di ripartizione della quota del costo della tassa rifiuti fra parte domestica e non domestica non fosse corretta, in quanto la superficie della parte delle attività era inferiore alla realtà. Nello specifico la dichiarazione delle attività commerciali e produttive vengono controllate attraverso le dichiarazione del modello Docfa che identifica ogni superficie dell'immobile dichiarato in catasto».
Infine un altro caso limite.

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