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Messina, non tentarono alcuna estorsione. Assolti gli ex dipendenti di un bar

Tribunale di Messina

Assolti con formula piena. Non ci fu alcuna estorsione. È questa la sentenza della sezione penale del tribunale presieduta dal giudice Maria Eugenia Grimaldi, che ha scagionato con la formula più ampia, ovvero “perché il fatto non sussiste”, i due trentenni Alessandro Rando e Giuseppe Panarello dalla grave accusa di estorsione aggravata, per la quale erano stati addirittura arrestati nell’ottobre del 2017. Il pm Alessandro Liprino aveva chiesto per entrambi la condanna a tre anni di reclusione.
I due giovani erano stati denunciati ai carabinieri della stazione di Ganzirri dal loro ex datore di lavoro, Filippo Donato, titolare di un noto ritrovo della zona nord, a Torre Faro, che li accusava di averlo ricattato chiedendogli una somma di denaro pari a 5000 euro ciascuno, per non rendere false dichiarazioni all’Ispettorato del lavoro, che li aveva convocati proprio in merito al pregresso rapporto di lavoro.
Il dibattimento ha dimostrato, anche grazie alle prove tecniche costituite da registrazioni e da perizie sui telefonini sequestrati, sia al denunciante che agli imputati, che contrariamente a quanto raccontato dal Donato alle forze dell’ordine, le cose erano andate ben diversamente: era stato proprio lui, preoccupato per le possibili conseguenze dell’accertamento dell’Ispettorato del lavoro, a proporre ai due ex dipendenti un compenso in denaro, per rendere dichiarazioni mendaci.
Nel procedimento Rando e Panarello sono stati assistiti dall’avvocato Alessandro Billè mentre Filippo Donato, costituitosi parte civile, è stato rappresentato dall’avvocato Diego Busacca. A novembre del 2017 il Tribunale del Riesame li aveva scarcerati entrambi, i giudici avevano valutato il trascorrere del periodo di detenzione ai domiciliari ma avevano confermato la gravità indiziaria. E l’avvocato Billè, già all’epoca, in una nota affermava che «in attesa dei motivi preannuncio ricorso in Cassazione alla luce delle prove fornite, che dimostrano la calunniosità della accuse del datore di lavoro».
Secondo la ricostruzione iniziale i due avevano minacciato il proprio datore di lavoro di rilasciare false dichiarazioni ad alcuni ispettori dell’Inps, che così lo avrebbero multato di 50.000 euro. I due avevano più volte contattato la vittima, cercando di estorcergli 10.000 euro. E l’esercente, impaurito, aveva accettato di incontrare i due in luoghi isolati (e al buio), ma quando aveva accertato che le motivazioni non avevano alcun fondamento e aveva avuto contezza della richiesta estorsiva, aveva preso tempo e si era rivolto ai carabinieri della Stazione di Ganzirri. I tre si erano dati appuntamento e giunto sul luogo dell’incontro il proprietario del bar sceso dalla sua auto e si era avvicinato ai due, ai quali aveva consegnato due buste contenenti 6.000 euro, per poi allontanarsi. Alla scena avevano assistito i carabinieri che avevano bloccato i due. Questa ricostruzione però non ha tenuto al vaglio del dibattimento di primo grado, che ha portato all’assoluzione piena dei due ex dipendenti.
n.a.

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