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Messina, tutte le “falle” del nuovo sistema idrico

Va avanti il piano dell’Ati Messina che porterà, tra le altre cose, alla nascita di una newco

Mentre i vari Comuni, attraverso le rispettive assemblee cittadine, si esprimono sul futuro del sistema idrico, l’Ati Messina continua a percorrere spedita la strada del cambiamento. La pronuncia dei vari Consigli, ancorché obbligatoria, in realtà appare come una presa d’atto formale del nuovo corso, visto che o si approva la gestione futura per com’è stata concepita, insieme con l’adesione alla costituenda società mista pubblico-privata Messinacque, oppure ci penserà un commissario a farlo, in sostituzione delle Amministrazioni “inadempienti”. Ed ecco, quindi, che quella che per l’Ati appare un’autostrada, per Enti locali e consorzi già in vita si configura come una via non solo stretta, ma pure obbligata. Sono infatti tantissime la variabili in gioco: dalla creazione di una newco al trasferimento di reti, impianti e attrezzature, passando per il passaggio della forza lavoro.

«Premetto – sottolinea il direttore generale del Comune di Messina Salvo Puccio – che il percorso tracciato è previsto dalle normative in materia, quindi si tratta di una sorta di scelta vincolata. Però tengo a dire che per la tipologia del vasto territorio della provincia di Messina, molto frastagliato, con 108 Comuni, molti dei quali piccoli e in cui si scontano problemi nel settore idrico, qualcosa da rivedere c’è». Ad esempio, forti perplessità riguardano la natura della nascitura società Messinacque, per la maggioranza (il 51%) in mano al soggetto pubblico e per il resto detenuta da un operatore privato. «Nello Statuto della costituenda società – osserva il dirigente di Palazzo Zanca – si fa più volte riferimento al concetto di “impresa”. Questo è un paradosso dinanzi all’obiettivo di fornire un servizio di un bene prezioso e vitale alla collettività, che non può essere orientato alla realizzazione di utili. Non mi convince nemmeno il contenuto dell’articolo 22, che assegna ampi poteri al Consiglio di gestione. Nello specifico, afferma che «la gestione dell’impresa spetta esclusivamente al Consiglio di gestione, composto di tre membri, il quale compie le operazioni necessarie per l'attuazione dell’oggetto sociale, ferma restando la necessità di specifica autorizzazione nei casi richiesti dalla legge o dal presente Statuto». E ancora: «Sono inoltre attribuite a Consiglio di gestione l’istituzione e soppressione di sedi secondarie; l’indicazione di quali amministratori abbiano la rappresentanza della società; la nomina del direttore generale».

Un altro nodo spinoso riguarda il trasferimento di personale che costituirà la pianta organica della Messinacque: «È lecito ipotizzare – continua Puccio – che la nuova società disporrà di un numero di dipendenti variabile da un minimo di 400 a un massimo di 600 unità». E su questo aspetto sotto la lente finiscono le recenti lettere indirizzate dall’Ati Messina ai 92 Comuni dell’Ambito, ad Amam, Consorzio rete fognante ed Acavn, finalizzate al reclutamento della forza lavoro che transiterà nella stessa Messinacque. Un passaggio affatto indolore anche a giudizio dei sindacati, con le federazioni di categoria di Cgil, Cisl e Uil che già hanno puntato i piedi e chiesto un incontro urgente alla commissaria dell’Ati Messina Rosaria Barresi. La parola che inquieta, eccome, è «licenziamento», chiaramente indicata nella corrispondenza sull’aspetto occupazionale. In soldoni, amministrazioni locali, Azienda Meridionale acque Messina e i due consorzi che operano l’uno sul versante ionico e l’altro su quello tirrenico sono stati invitati a mandare un elenco dei loro impiegati dotati di conoscenze e competenze nei settori idrico, acquedottistico e delle fognature. Dovrebbero quindi formare l’organico della Messinacque, che li riassorbirà secondo i dettami dei Contratti collettivi nazionali di lavoro.

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