Il nome, “Dina”, non ha nulla a che fare con le leggendarie figure messinesi Dina e Clarenza. Dina sta per “Digital Interface Network Assistant” e rappresenta l’ingresso nell’era dell’intelligenza artificiale dell’Asp di Messina. In termini molto sintetici – i dettagli sono stati illustrati la settimana scorsa in una conferenza stampa – un assistente virtuale che risponderà, tramite app e sito web, alle esigenze degli utenti «in modo efficiente e celere», assicura l’azienda sanitaria, diminuendo i tempi di attesa e le code, «conversando in modo appropriato e con uno stile “umano” ed intuitivo». Un vero e proprio avatar, che però non piace al Comitato consultivo dell’Asp. Il quale, dopo aver esaminato dati e documenti, parla di «allucinazioni dell’intelligenza artificiale» e di «sprechi pilotati».
È un documento duro, quello che il presidente del Comitato, Antonio Giardina, ha indirizzato ai vertici della stessa Asp, all’assessorato regionale alla Salute, ai sindacati e ai sindaci. Secondo Giardina «il denaro pubblico andrebbe utilizzato per l’incremento-valorizzazione dei nostri operatori e la riorganizzazione del sistema sanitario pubblico, progressivamente smantellato per fare spazio alla gestione privata della “salute”». Il Comitato chiede (anzi, «pretende») di sapere «quanti soldi dei bilanci Asp andranno a finire in profitti nelle tasche dei consulenti, degli esperti e degli imprenditori privati». Addirittura l’arrivo di Dina, in un’azienda come l’Asp di Messina, «sembra una barzelletta».
In realtà la presentazione del nuovo strumento di intelligenza artificiale (che parrebbe più che altro un servizio in più per l’utenza, non un “danno”) diventa, per Giardina, l’occasione di evidenziare alcune criticità, segnalate anche e soprattutto dai cittadini. Ad esempio, «sulle costanti difficoltà di accesso ai servizi sanitari pubblici, anche per patologie gravi e complesse. Secondo i dati ufficiali numerosi utenti sono costretti a rivolgersi (se possono) ai servizi privati o libero professionali Alpi che offrono, dietro pagamento, disponibilità immediata alle prestazioni». E in troppi, di fronte alla scelta tra pagare e attendere, finiscono per fare la scelta più dannosa: rinunciare alle cure.
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