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Messina, il collaboratore di giustizia Mantineo lancia accuse al "capo" Cuscinà

«Voglio collaborare con la giustizia. Sono detenuto dal dicembre del 2022. Voglio cambiare vita». È l’inizio della cooperazione con lo Stato per Nicola Mantineo, 42 anni, che ha assorbito eccome l’ultimo colpo ricevuto con l’operazione antidroga “Impasse”. Dal 12 giugno scorso, sta contribuendo a ricostruire gli assetti criminali del rione di Giostra. E proprio quel giorno ha deciso di saltare la barricata, lui che è rinchiuso nella casa circondariale di Caltanissetta. Davanti al pubblico ministero Francesco Massara e a due ufficiali di pg della Guardia di finanza di Messina, spiega: «L’associazione che mi è contestata esisteva e io ne facevo parte, con il compito di custodire lo stupefacente in un abitazione abbandonata in vico Bensaia, a Messina».
Mantineo comincia così a riempire verbali. Resoconti depositati dalla sostituta procuratrice Antonella Fradà nel corso dell’udienza preliminare di martedì scorso, legata all’inchiesta, e per questo rinviata al prossimo 14 luglio. Ancora: «Capo dell’associazione era Giovanbattista Cuscinà. Questi disponeva di armi – sottolinea il neo collaboratore di giustizia –. Oltre al fucile sequestrato, disponeva di una pistola che ha consegnato pochi mesi prima dell’arresto del dicembre del 2022» a una persona di Camaro San Paolo. Io ero presente quando l’arma è stata consegnata». «Ammetto di aver commesso tutti i delitti contestati in ordinanza, ma non ero organizzatore dell’associazione, in quanto prendevo solo ordini da Giovanbattista Cuscinà. Venivo picchiato da lui, questi era solito retribuirmi con cifre irrisorie, circo 50 euro ogni quattro giorni. Lo conosco da sempre, perché abitiamo vicini, mi ha coinvolto nell’attività dell’associazione a partire dal 2019». La droga scorreva a fiumi e come sottolineato da Mantineo, «la cocaina era fornita principalmente da Graziano Castorino», che «ne consegnava a Cuscinà circa un chilo ogni venti giorni e io ero quasi sempre presente alle consegne.

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