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Messina, il duplice omicidio di Camaro. Costantino: "Cannavò e Portogallo si presentarono armati e piombarono in casa mia"

Il processo per il duplice omicidio di Camaro San Luigi del 2 gennaio 2022. Lunga deposizione in videoconferenza dell’imputato Costantino

Cannavò e Portogallo si presentarono armati tutti e due e piombarono dentro casa mia. Mi sono nascosto in uno sgabuzzino ed hanno cominciato a sparare. Incastrando poi il suo braccio tra la porta e lo stipite sono riuscito a disarmare Portogallo e con la sua sua stessa pistola ho risposto al fuoco. L’arma l’ho poi gettata nei pressi del cavalcavia, prima di prendere il traghetto che mi portò in Calabria per il periodo di latitanza. Scappai perché avevo paura di gravi ritorsioni dei familiari delle due vittime. I motivi dell’aggressione finita nel sangue? Volevano dei soldi da me, e qualche tempo prima, era l’11 novembre del 2021, andai a casa di un parente di Cannavò per una “parlata”, ma io rifiutai di dare del denaro, e dopo qualche ora mi spararono mentre ero sul motorino.
È stata un’altra udienza importante quella di ieri in corte d’assise, l’ennesimo atto al processo per il duplice omicidio di Camaro San Luigi del 2 gennaio 2022. La sparatoria di via Eduardo Morabito finita in tragedia con la morte quasi istantanea del 31enne Giovanni Portogallo e dopo qualche giorno, in ospedale, anche del 35enne Giuseppe Cannavò, rimasto gravemente ferito. C’è un solo imputato, ed è il 37enne Claudio Costantino. Secondo la Procura quel giorno è lui che ha scaricato un intero caricatore di una semiautomatica calibro 9x21 addosso a Portogallo e Cannavò, non lasciando loro scampo.
E proprio l’imputato, Costantino, ieri mattina ha deposto in videoconferenza fornendo la sua versione dei fatti sulla vicenda, rispondendo a parecchie domande che sono venute da più parti, a cominciare dai suoi difensori, gli avvocati Carlo Taormina e Filippo Pagano. In aula per l’accusa c’erano due pm, i sostituti Roberto Conte e Marco Accolla, e anche loro hanno formulato parecchi quesiti. Pure il presidente della corte d’assise, il giudice Massimiliano Micali, ha posto parecchie domande soprattutto sul perché della fuga in Calabria e sulle fasi seguenti la sparatoria.

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