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Piano di riequilibrio a Messina: l'ultimatum della Corte dei Conti

A luglio si metterà la parola fine su una procedura iniziata 10 anni fa con il commissario Luigi Croce

C’è una nuova data da cerchiare in rosso sul calendario degli appuntamenti che contano, a Palazzo Zanca. Anzi, le date sono due: la prima è quella del 7 luglio, giorno entro cui il Comune potrà mandare le ennesime memorie per rispondere alle ennesime richieste di chiarimenti da parte della Corte dei Conti sul piano di riequilibrio; la seconda è quella del 18 luglio, undici giorni dopo, quando, alle 11.30, si terrà l’adunanza per il contraddittorio finale con l’amministrazione Basile.

Dopo queste due date non ci saranno più margini di manovra, si sarà al dentro o fuori. Due strade rimarranno: l’approvazione o la bocciatura del piano di riequilibrio, nella versione rimodulata, per l’ultima volta, a luglio di un anno fa, a chiusura di un iter iniziato più di dieci anni fa, quando commissario del Comune era Luigi Croce (dopo di lui ci sono stati tre sindaci, Accorinti, De Luca e Basile, e un altro commissario, Santoro). E in caso di bocciatura partirebbe un altro iter, quello del dissesto finanziario. Un’ipotesi che, però, si continua a provare a scongiurare.

Il sindaco Federico Basile ha “studiato” per tutto il pomeriggio di ieri la corposa relazione del magistrato istruttore della Corte dei Conti, Massimo Giuseppe Urso. Un documento di 106 pagine, in cui non sono poche le criticità elencate, tutt’altro. Eppure, con la sua abituale calma, il sindaco si esibisce, nella tarda serata di ieri, in un cauto ottimismo: «È una relazione che dà atto della riduzione della massa debitoria a 155 milioni – spiega – e chiede chiarimenti sulla sua esposizione, per come rappresentata nelle tabelle riepilogative. Poi una serie di richieste tecniche su accantonamenti e fondi che chiaramente fanno una fotografia dal 2014 al 2021, cioè fino all’ultimo rendiconto approvato. Non vengono messi in dubbio né la struttura del piano di riequilibrio né i risultati ottenuti, ma vengo chieste quelle integrazioni informative che con il contraddittorio daranno le esaustive informazioni richieste». L’ultima chance, insomma, che Basile e l’amministrazione comunale vogliono giocarsi fino in fondo.

La relazione

Non sarà semplice il lavoro che dovrà svolgere l’amministrazione da qui a inizio luglio. La relazione, infatti, se da una parte offre la possibilità di un ultimo contraddittorio e, dunque, di ulteriori integrazioni documentali, dall’altra utilizza toni severi in molti punti. A partire dalle conclusioni, che sono un’efficace sintesi del quadro complessivo. «Lanuova versione del Piano – si legge – dispiega i suoi effetti negli esercizi 2002-2023, al fine di garantire la copertura di passività pari a 120.466.837 euro, le quali, sommate alla restituzione del fondo di rotazione, pari a 34.636.187 euro, raggiungono l’importo complessivo di 155.103.025 euro». Una somma di gran lunga inferiore, evidentemente, rispetto agli oltre 392 milioni di euro del piano del 2013.
Ma ecco i “difetti”: «Dall’esame della massa passiva e delle misure finalizzate al recupero degli equilibri di bilancio e alla copertura della situazione debitoria – scrive il magistrato – emergono le criticità ampiamente segnalate nella relazione, con particolare riferimento ai debiti fuori bilancio e alla situazione del contenzioso. In merito alle misure previste nel Piano per il ripiano della massa passiva, sono emerse altrettante criticità, sulle quali l’Ente è chiamato, in sede di contraddittorio, a fornire ulteriori chiarimenti». Tutti specificati nel corpo della relazione, ovviamente.

Sottostima e altre «criticità»

E ancora: «Anche in ordine alla situazione finanziaria attualizzata – si legge –, l’esame dei documenti contabili ha fatto emergere la sottostima dei fondi accantonati (in particolare Fondo crediti di dubbia esigibilità e contenzioso), con riflessi sul risultato di amministrazione e sul recupero del disavanzo». E «ulteriori criticità» vengono sintetizzate così in quattro punti: «risultanze generali degli equilibri di parte corrente di competenza e di cassa; incremento delle spese correnti; effetti sull’evoluzione della cassa, derivanti dalle mancate riscossioni degli accertamenti di competenza dei residui; risultati negativi della gestione dei residui, scarsa capacità di riscossione dei residui attivi e di pagamento dei passivi e permanenza di residui attivi e passivi di elevata anzianità».
Un elenco di tecnicismi, dai quali, però, emerge un quadro “critico” (è la parola più utilizzata nella relazione). Fermo restando che, ribadisce il magistrato alla fine della sua relazione, «tutti gli aspetti critici rappresentati saranno sottoposti al contraddittorio con il Comune di Messina, al fine di consentire allo stesso di fornire i chiarimenti richiesti». L’ultima chance, appunto.

I nodi dei debiti fuori bilancio

C’è un problema sia formale che sostanziale, secondo quanto emerge dalla relazione, sui debiti fuori bilancio (più formale che sostanziale per il sindaco, che si dice fiducioso di chiarire il tutto): «Il Piano descrive la riduzione dei debiti fuori bilancio rispetto alle passività derivanti dalla rimodulazione precedente (deliberazione consiliare n. 85/2018), senza distinguere chiaramente i diversi eventi gestionali». In altre parole, «non è possibile risalire precisamente alle estinzioni definitive dei debiti, alla parte che è stata trattata tramite la sottoscrizione di piani di rientro e ai debiti per i quali non sono stati stipulati gli accordi di rateizzazione. Ne deriva che la rappresentazione del Piano pone seri dubbi sulla reale entità dei debiti fuori bilancio da ripianare, che costituiscono la parte prevalente della massa passiva».
Alcuni chiarimenti erano stati già chiesti e, di conseguenza, alcune risposte erano già state date, ma secondo la Corte «in diversi casi le informazioni trasmesse in risposta all’ordinanza istruttoria non sono state inviate oppure non sono conformi alle modalità richieste» e, si legge più avanti, «le informazioni trasmesse non sono state adeguate a dipanare del tutto le predette incertezze e a stabilire in maniera inequivocabile la reale consistenza dei debiti fuori bilancio ancora da ripianare».

I casi Ato3 e rifiuti

Ci sono ampie parti della relazione che si soffermano sulle società partecipate e su alcuni casi specifici, come l’Ato3 e il famoso debito da 15 milioni di euro, ma non solo. «Si rilevano consistenti aumenti relativi ai contratti di servizio per la raccolta dei rifiuti e per trasferimenti agli organismi partecipati», scrive il magistrato. Che aggiunge: «Non è stata fornita l’evoluzione della problematica inerente al mantenimento di quote di partecipazione nella società Messina servizi Bene Comune Spa, con oggetto che sembra sovrapponibile alla società Messinambiente Spa in liquidazione”, con aspetti di possibile violazione del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, già rilevata da questa Sezione della relazione del 16 dicembre 2021, contenente le osservazioni sulla precedente rimodulazione del 2018. Si chiedono precisazioni sul punto». Su questo e su tanti altri.

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