Non fa più male del solito la Tari 2023 ai messinesi. O almeno alle famiglie messinesi. Altra storia per i commercianti. La temuta impennata del tributo della Tari non ci sarà e questo non perché i costi per lo smaltimento dei rifiuti non siano cresciuti, anzi sono al massimo storico, piuttosto perché è stata mutata la distribuzione del “peso” economico sui cittadini e sulle aziende.
Rifiuto, quanto mi costi!
La delibera che lunedì prossimo arriverà il commissione bilancio per l’approvazione (in attesa di quella del consiglio, per il momento bloccato dalle elezioni per l’ufficio di presidenza) conterrà due documenti. Uno è il piano economico finanziario, cioè quanto costa il servizio tutto compreso. L’altro è il piano tariffario, cioè come è diviso questo costo fra la platea dei messinesi. In linea di principio, il Pef non può essere toccato, o meglio emendato dall’Aula, perché contiene valori che provengono dalle valutazioni oggettive di chi gestisce il servizio (per la parte fissa) e che discendono da quanto contenuto nei contratti sottoscritti con Messina Servizi. Ma a completare il piano economico finanziario c’è anche una parte variabile che è quella legata, soprattutto, ma non solo, ai costi per il trasferimento dei rifiuti negli impianti di trattamento. Ed è questa la voce che più di ogni altra ha fatto schizzare in alto il costo complessivo del Piano. Per raccogliere e smaltire i rifiuti nel 2023 serviranno 60.593.986 euro contro i 54,1 milioni dell’anno precedente. Si tratta di un aumento secco 6,4 milioni pari all’11,83%. Per entrare nel dettaglio, i costi fissi sono scesi dell’11% (19,4 contro 21.8) mentre quelli variabili, e quindi quelli che contengono i fondi per il trasferimento in discarica, sono passati dai 32 milioni del 2022 ai 41,1 del 2023, pari ad un +27,27%. Algebricamente, la differenza è di 6,4 milioni.
Famiglie salve
Nonostante sia lievitata fino a 60,6 milioni la cifra per il capitolo rifiuti (che deve essere divisa fra tutti i cittadini senza “supporti” del Comune), per le famiglie messinesi non ci sarà un aumento della già salata Tari. Anzi in alcuni casi, ci sarà un lieve ritocco verso il basso. Prima facciamo qualche esempio e poi passiamo alla spiegazione di questo particolare esito. Ci viene incontro la tabella che pubblichiamo in alto. Il calcolo avviene sommando una parte variabile e una fissa. Per la parte fissa, va, intanto, individuato il numero dei componenti del nucleo familiare. Per ciascuna cifra c’è un coefficiente da moltiplicare per il numero di metri quadri dell’abitazione. Ottenuta questa cifra per la parte fissa, si deve solo sommare la parte variabile che, sempre in base al numero di componenti, è già fissata dal piano tariffario. Cosa si nota dal confronto fra i dati del 2022 e del 2023? Che i coefficienti della parte fissa sono scesi fra l’11,6%, per i single, fino al 39,2% per sei o più componenti. Ma la parte variabile è cresciuta fra il 10,8% e il 20,4%. Un esempio pratico aiuta a capire ancora meglio. Dando per assodato che il calcolo avvenga per una casa di 90 metri quadri ( e che sia stato aggiunto il 5% della Tefa), un single pagherà, nel 2023, 296 euro, contro i 291 dell’anno scorso (+1,72%). Una coppia passa da 405 a 409 euro (0,99%). Da tre in su, la cifra viene limata. Tre componenti da 440 a 438 euro ( – 0,45%), 4 componenti da 499 a 486 euro ( – 2,6%), 5 componenti da 522 a 516 euro ( -1,16%), 6 o più componenti da 553 euro a 521 (-5,79%).
Perché tutto è immutato?
Il perché di questa “carezza” è presto detto. L’amministrazione Basile ha potuto azzerare l’aumento grazie a due fattori: l’allargamento della platea di contribuenti e il riequilibrio fra utenze domestiche e non domestiche. Partiamo dal primo. Il confronto fra la lista di coloro che sono iscritti alla Tari e la lista anagrafica comunale (evidenziato dal Tax gap preparato dall’assessore Roberto Cicala) ha fatto emergere come ci siano 7.819 nuclei in cui nessun componente risulti essere iscritto alla Tari. Si tratta per lo più di single (6.462 casi) e tutti questi nuclei saranno inseriti fra gli utenti. Allargando il numero di persone che pagano, tutti pagheranno di meno. Quest’operazione copre circa il 6% dell’aumento per le famiglie. Il resto, circa il 5%, arriva dallo scostamento fra quanto pagato dalle famiglie e quanto pagato dal commerciale. Per convenzione, il costo della Tari era diviso al 75% fra le utenze domestiche e il 25% per le commerciali. Alla luce dei dati della raccolta differenziata, questo rapporto è stato rivisto in ragione del 70 e 30%, spostando quindi il carico un po’ più sulle aziende. L’aiuto di 4 milioni della Regione, invece, è stato decurtato dal costo complessivo della Tari che, quindi, tolti i 2,8 milioni di extracosti del 2022, avrebbe avuto un valore reale di 61,7 milioni.
Tari più cara per le aziende
E se le famiglie sono state graziate dall’attività dell’amministrazione che ha annullato l’aumento, la stessa cosa non si può dire per le aziende che, invece, avranno un aumento della Tari. Questo, soprattutto, per via della revisione della divisione del peso del tributo fra utenze domestiche e non domestiche. Il calcolo qui è semplice. Per ogni categoria merceologica c’è un coefficiente da moltiplicare per i metri quadri dell’esercizio. L’aumento medio è del 15% per tutte le categorie. Anche qui ci aiutano gli esempi pratici, tutti su esercizi di 60 metri. Un bar di 60 metri quadri passa da 1146 euro del 2022 ai 1307 del 2023. Un ristorante da 1297 a 1503. Una pescheria da 1715 a 1985, un supermercato da 1049 a 1210. Un negozio di abbigliamento da 447 a 511. Alcune di queste categorie, va ricordato, che hanno ricevuto l’azzeramento della tassa di occupazione suolo per il 2023, ottenendo così un sostegno sotto un’altra voce di spesa comunale.
Ma resta sempre cara
È vero che le famiglie non sono state ulteriormente gravate dalla scelta dell’amministrazione Basile di non far pesare su di loro l’aumento, soprattutto facendo emergere gli evasori, ma la Tari di Messina, quella del 2022, resta fra le più care d’Italia. È emerso da uno studio della Uil secondo cui le famiglie italiane hanno versato nel 2022 per la tariffa rifiuti 325 euro medi, a fronte dei 313 euro del 2021 e dei 301 euro del 2018. Il costo maggiore si registra a Pisa con 519 euro medi l’anno a famiglia; a Brindisi si versano 518 euro; a Genova 489 euro; a Benevento 481 euro; a Messina 476 euro; Catania 475 euro; a Siracusa 472 euro; ad Agrigento 471 euro; a Taranto 459 euro e a Trapani 457 euro. Prezzi calcolati su un appartamento di 80 mq abitato da una famiglia di 4 persone.