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Mafia dei Nebrodi, c'era un sistema diffuso sin dagli anni ’90

I giudici di Patti analizzano l’attività del gruppo Faranda-Crascì: vorticosa chiusura e apertura di aziende, “rotazione” delle particelle, identici professionisti, società costituite lo stesso giorno

L’atavica predisposizione a ricorrere alle truffe all’Agea sin dagli anni 90. La vorticosa chiusura di vecchie aziende agricole e contestualmente la creazione di nuove. La continua “rotazione” delle particelle. Il ricorso sempre agli stessi professionisti per predisporre atti e documentazioni. Decine di società costituite lo stesso giorno.
Dopo aver esaminato nelle prima puntata il quadro generale del maxiprocesso “Nebrodi” dopo il deposito delle monumentali motivazioni di oltre 3000 pagine per la storica sentenza dell’ottobre 2022 che inflisse oltre 600 anni di carcere, e anche l’attività dei Batanesi, uno dei due gruppi tortoriciani coinvolti nell’inchiesta sulle truffe in agricoltura, in questa puntata è necessario soffermarsi sull’altro gruppo, quello dei Faranda-Crascì.
L’assoluzione dall’art. 416 bis c.p. del gruppo Faranda-Crascì. Un dato è inequivocabile in sentenza: secondo l’impostazione accusatoria della Procura le due famiglie erano saldamente legate anche per vincoli di parentela allo storico gruppo mafioso dei Bontempo Scavo, e per questo era contestata l’associazione mafiosa ex art. 416 bis del codice penale; i giudici invece, alla luce di quanto è successo nel processo, hanno ritenuto in sentenza che si trattasse di associazione a delinquere “semplice”, non mafiosa quindi, pur riconoscendo l’impressionante attività di percezione di contributi agricoli europei da parte del gruppo Faranda-Crascì (“... reputa il Collegio che non sussista dubbio alcuno circa l’esistenza della prospettata struttura associativa dedita, prevalentemente, alla perpetrazione di truffe comunitarie e che la stessa fosse composta al netto di quanto si dirà per alcuni di essi secondo ruoli e responsabilità”).
Scrivono ancora i giudici: gli ampi riscontri desumibili dalla documentazione acquisita, inoltre, hanno dato contezza della sussistenza di saldissimi legami tra gli associati, cementati in quasi tutti i casi anche da vincoli di stretta parentela e, comunque, da una stretta condivisione di interessi, da stabili cointeressenze patrimoniali, da un’assidua frequentazione personale, da condotte di mutua assistenza, nonché da prassi operative condivise e reiterate per un apprezzabilissimo arco temporale.

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