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Il blitz di De Luca nell'ufficio del dirigente Ajello: condannato l’ex sindaco di Messina

Nel giugno 2021 la diretta social in cui venne messo alla berlina il dirigente del Comune. Un giudice ha poi optato per la multa

Blitz! Blitz! Blitz! Il dirigente comunale se ne frega delle nostre direttive? Ed io lo mando pubblicamente a fare in c...». Lo “stile” è inconfondibile, per cinque anni Cateno De Luca ne ha fatto un marchio di fabbrica, con i blitz quotidiani in questo o quell’ufficio, tutti a favore di social e dell’occhio impietoso del grande fratello messinese. Il «dirigente comunale» contro il quale, nel caso specifico del 7 giugno 2021, l’allora sindaco aveva concentrato le proprie non amorevoli attenzioni era Francesco Ajello, anche lui un ex, perché andato in pensione nei mesi scorsi. Quel video non passò inosservato: ancora oggi è possibile rintracciarlo su Facebook, dove conta ben oltre 270 mila visualizzazioni e più di quattromila commenti. I toni utilizzati furono tutt’altro che amichevoli: «Ora è conclamato che il progetto “aspettando la bandiera blu” è aspettiamo l’ing. Ajello e i suoi funzionari... Ajello si nni futti, tanto si nn’ha annari in pensione... certi uffici vanno presi a calci nel culo», giusto per citare uno dei passaggi più “coloriti”.
Ed è uno dei passaggi finiti nella denuncia che lo stesso Ajello ha presentato contro Cateno De Luca, trascinando il suo ex sindaco in Tribunale. Una causa che è andata avanti, con De Luca imputato «per avere, da sindaco in carica, comunicando con più persone attraverso il social network Facebook, offeso la reputazione del dirigente ai Servizi ambientali del medesimo Comune Francesco Ajello, pubblicando un post nel profilo “De Luca Sindaco di Messina”».
Ma com’è andata a finire? Il Comune la Bandiera blu la aspetta ancora, ma “scavando” tra gli atti del Palazzo di Giustizia viene fuori un decreto penale di condanna: la sfuriata di De Luca non è passata indenne e ha portato ad una multa, sebbene di appena mille euro. Ma più che l’entità della condanna, assume valore la natura stessa della decisione del giudice: non si può decidere, un bel giorno, di mettere alla berlina qualcuno su Facebook, con toni a metà tra l’insulto e la palese presa per i fondelli, nemmeno se a farlo è il sindaco e la “vittima” è un dirigente del Comune, a prescindere dall’eventuale torto consumato sul lavoro. Poco conta che, in quella circostanza, il dirigente stesso fosse apparso quasi inerme di fronte alle invettive del sindaco De Luca, accompagnato in quell’occasione dall’allora assessora e futura senatrice Dafne Musolino.
La vicenda non passò inosservata, pochi giorni dopo, a commento di un’aggressione avvenuta ai danni di un dipendente dell’ufficio Urbanistica, i sindacalisti Francesco Fucile e Peppe Previti, della Fp Cgil, parlarono apertamente di un «clima di tensione da addebitare in toto agli atteggiamenti assunti dal primo cittadino. La strumentalizzazione, ai fini di propaganda, delle inefficienze della macchina burocratica, è una scelta precisa di De Luca e queste sono le conseguenze». Pietro Fotia e Saro Contestabile del sindacato Csa, invece, descrissero la situazione di Palazzo Zanca come «un malessere ingenerato dalla violenza verbale del sindaco all'indirizzo dei propri dipendenti». E per Nino Alibrandi e Marta Rizzo della Cisl «un sindaco-datore di lavoro non può organizzare una diretta social per denigrare un dipendente pubblico». E a dirlo è stato anche un giudice.

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