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Messina, morì dopo l’anestesia. Decise due condanne

Nel maggio 2016 in uno studio dentistico. Nei confronti del medico e dell’anestesista che stavano operando

Si è concluso con due condanne il processo di primo grado per la vicenda che si consumò il 25 maggio del 2016 in uno studio dentistico di via San Camillo. L’estrazione di un dente, un banale intervento di routine, che si trasformò in tragedia poco dopo mezzogiorno, al primo piano di uno studio medico a pochi passi dal Municipio. La casalinga 32enne Veronica Tedesco, madre di una bimba di appena 3 anni, morì nella tarda mattinata dopo essere stata sottoposta ad anestesia nello studio del centro.
Per quella tragedia dopo l’indagine della Polizia gestita all’epoca dal pm Marco Accolla, finirono sotto processo per omicidio colposo l’odontoiatra e l’anestesista che stavano operando in quei frangenti. Si tratta del dentista Antonio Girolamo Sidoti Pinto e del medico anestesista, all’epoca specializzando, Giuseppe Guzzo.
Il giudice Rita Sergi li ha condannati rispettivamente a un anno e due anni di reclusione (con pena sospesa) e al risarcimento dei danni in favore dei familiari, parte civile nel processo, che sono stati rappresentati dagli avvocati Nino Favazzo e Donato Bruno. I due professionisti sono stati invece assistiti dagli avvocati Alberto Gullino ed Aurora Notarianni.
Secondo quanto ha ricostruito l’inchiesta, anche con i rilievi della polizia scientifica e dopo il responso dell’autopsia, eseguita all’epoca dal medico legale Antonino Messina, i due medici in cooperazione colposa, per procedere all’estrazione di un canino alla donna, somministrarono per l’anestesia il farmaco “Ubistesin”, ma la paziente «diveniva preda di shock anafilattico» come reazione all’assunzione del farmaco. I due medici - ricostruisce il capo d’imputazione -, non chiamarono subito il 118 e praticarono il massaggio cardiaco mentre la donna era ancora sulla sedia odontoiatrica e non adagiandola in posizione supina. Poi le somministrarono cinque fiale di “Efedrina”, considerato dall’accusa «farmaco non pertinente».

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