Ci sono processi che sembrano ineluttabili, e in realtà non lo sono. Basterebbe operare un’inversione di tendenza a 360 gradi, la tanto auspicata svolta che possa restituire “appeal” ai nostri territori. La fotografia dello Stretto abbandonato dalla sua gente è nell’ennesimo focus realizzato dall’Istat, che ha delineato, nel Report pubblicato proprio ieri, i profili delle 14 Città metropolitane d’Italia. Ebbene, Messina, e a seguire subito dopo Reggio Calabria, è sia come Città metropolitana sia come Comune capoluogo, la realtà urbana che nell’ultimo ventennio ha registrato il più forte di calo di popolazione, che è pari al meno 8,8% come Città metropolitana, e addirittura meno 12% come capoluogo. Si dice che l’emergenza demografica attanaglia l’intero Paese, se non tutto l’Occidente. E in parte è vero. Ma i dati Istat dimostrano che quei processi “ineluttabili” non accadono sempre e dovunque alla stessa maniera, con la stessa portata e impatto. In poco più di 20 anni, dal 2001 a oggi, le Città metropolitane di Roma, Bologna, Milano, Firenze, Venezia e Torino hanno aumentato la loro popolazione con la Capitale in testa, ma con Bologna e Milano in crescita esponenziale, seguite da Torino che, dopo un periodo di crisi, ora attira di nuovo fenomeni attrattivi. Fermiamoci un attimo su questo dato e pensiamo alle famiglie messinesi, quelle soprattutto che hanno giovani iscritti agli Atenei: c’è una famiglia messinese che non ha uno, o più figli, sparsi in quel triangolo del Centro-Nord (Torino-Milano-Bologna) o a Roma? La risposta è quasi scontata.
Le altre città metropolitane
Ci sono anche altre Città metropolitane del Sud, come Catania, Bari e Cagliari che, seppur con percentuali dal 2 per cento in giù, sono cresciute demograficamente in 20 anni. Il calo c’è stato a Palermo e a Napoli (rispettivamente meno 2,2% e 2,3%) ma soprattutto in tre delle 14 Città metropolitane: Genova, che è terza in questo podio al contrario (meno 6,8%), Reggio Calabria (meno 7,3%) e Messina, prima in assoluto (8,8%). Percentuali che salgono, e diventano disperanti e disperate, se guardiamo solo alle città capoluogo: qui Messina ha perso il 12,2 per cento della sua popolazione, seconda è Cagliari con meno 8,9%, terza Genova con meno 8,1%, poi Palermo e Catania con meno 7,5% e meno 3,7%. Torino città perde il 2%, le altre guadagnano, più di tutte Roma. L’aspetto più preoccupante è che Messina perde come Città metropolitana anche in tutte le altre sue componenti (i Comuni inseriti nella cosiddetta “prima cintura” e quelli in “seconda cintura”), mentre ci sono realtà come Bologna che registrano incrementi di popolazione superiori al 14 e al 19 per cento, o l’hinterland di Roma che segna un più 32 per cento. L’analisi, spiegano gli studiosi dell’Istituto nazionale di Statistica, è articolata in un set di indicatori chiave che consente di identificare le principali caratteristiche, le diversità e i fattori comuni delle 14 Città metropolitane. Gli indicatori riguardano la dinamica della popolazione, l’invecchiamento, la mortalità, le scale insediative, il mercato del lavoro, il livello di istruzione, il pendolarismo, le caratteristiche del tessuto produttivo. Ma è stato fatto un approfondimento anche sulla geografia e sulle caratteristiche dei territori, per mettere in luce «le molte fragilità e anche le potenzialità dei contesti urbani». Alcuni dati generali: la Città metropolitana più estesa è quella di Torino, la meno estesa quella di Napoli; in vetta alla classifica per densità abitativa è Napoli con 2.535 abitanti per chilometro quadrato, in coda c’è Messina con 185. L’età media sale dovunque, soprattutto nei Comuni capoluogo, Messina, come indice di vecchiaia, non è ai primi posti, ma supera quota 202, rispetto, ad esempio, a Reggio Calabria che è a 168. C’è un paragrafo, nel Report Istat, che contiene le previsioni sul futuro demografico del prossimo decennio: «Confermano – si legge – la persistenza di un quadro critico sul futuro demografico nel Paese già presente negli ultimi anni, che delinea una ulteriore decrescita della popolazione». Le Città metropolitane di Bologna e Milano, però, «saranno le uniche a mantenere una crescita demografica».
Quota stranieri
La quota di stranieri residenti, soprattutto nei Comuni capoluogo, è aumentata dal 2,4 all’8,8% in vent’anni, ma Messina, Catania, Bari e Palermo sono le città dove l’incremento è stato meno rilevante, rispetto al 18,8% di Milano o al 15,2% di Venezia. Alcune città ha parzialmente controbilanciato il calo demografico della popolazione italiana, soprattutto nei territori del Nord, con l’arrivo degli stranieri. A Messina questo fenomeno è molto meno marcato, e infatti è la città con la più alta percentuale di decremento demografico. Poi, ci sono tanti altri spunti, sui quali vale la pena tornare anche nei prossimi giorni, come il dato per il quale Milano è il Comune con il più alto livello di reddito per abitante (oltre 23mila euro), Messina è ultima insieme con Palermo e Reggio Calabria, nettamente sotto la media nazionale.