Quando scoppiò il caso del grattacielo a ventidue piani di largo Avignone, la “Torre”, venne perfino Vittorio Sgarbi a dare un’occhiata, era il 2018 e lui era il nostro assessore regionale alla Cultura. Nei giorni precedenti non le aveva mandate a dire all’allora sovrintendente Orazio Micali, poi dopo un breve tour pomeridiano in loco gli chiese scusa e si dimostrò perfino quasi a favore del progetto ma con una riduzione di piani, per coniugare le mura antiche del vecchio quartiere dove professò il suo apostolato di carità San Annibale Maria di Franca, con la struttura moderna.
E adesso la vicenda processuale, che poi approdò immancabilmente in tribunale, s’è chiusa ieri pomeriggio davanti al giudice monocratico Marcello Cipri con una assoluzione piena, la formula è inequivocabile, “perché il fatto non sussiste”. Vedeva coinvolte tre persone, ovvero i proprietari dei terreni dove troverà posto il grattacielo, l’ing. Salvatore La Galia e Antonino Sobbrio, e poi il progettista e direttore dei lavori, l’architetto Sergio La Spina.
L’accusa, inizialmente, contestava in sostanza due ipotesi di reato legate a leggi urbanistiche, cioé la demolizione in assenza di permesso per costruire e la mancata comunicazione alla Soprintendenza, in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico. Ma ieri pomeriggio anche l’accusa concludendo il suo ragionamento aveva chiesto l’assoluzione.
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