È una storia giudiziaria veramente allucinante quella vissuta da un 65enne che solo di recente, a distanza da diversi anni dai fatti, era il settembre del 2017 quando tutto successe, ha visto riconosciuta la sua innocenza. Passando attraverso una condanna a 8 mesi in primo grado per rifiuto di generalità e resistenza a pubblico ufficiale, condanna per fortuna ribaltata completamente in appello con un’assoluzione «per non aver commesso il fatto». Così come sin dal primo grado aveva chiesto il suo difensore, l’avvocato Luigi Gangemi.
A raccontarlo non ci si crede. La vittima di tutto questo è il signor S.R., 65 anni, che una mattina di settembre del 2017 mentre stava solo rassicurando un’anziana testimone di un incidente stradale rimasta scioccata, nel giro di pochi minuti dopo una breve fuga perché terrorizzato da quei frangenti si ritrovò a terra addirittura in manette, “accusato” di voler spingere la donna a non testimoniare... mentre stava solo dandole un po’ d’acqua per rincuorarla.
Questo accade dopo l’arrivo di alcuni agenti di polizia penitenziaria che s’improvvisarono troppo frettolosamente “sceriffi di strada” e, addirittura - riferirono i testimoni - tirarono fuori la pistola d’ordinanza nei confronti del povero 65enne. Nell’incidente, avvenuto tra viale Gazzi e via del Santo, era rimasto coinvolto un loro collega, che quella mattina si stava recando al carcere per prendere servizio.
Spiega tutto nelle motivazioni della sentenza il presidente della sezione penale della corte d’appello Carmelo Blatti, le ha scritte lui stesso. Che intanto afferma: «... Non può ritenersi, senza che residui alcun ragionevole dubbio, la penale responsabilità dell’imputato, stante l’evidente contraddittorietà delle prove acquisite». Ed ancora afferma che «... l’attività attuata dal personale della polizia penitenziaria, anche a volerla considerare legittima, in concreto sarebbe stata del tutto arbitraria, sebbene frutto di un errore sulla percezione dei fatti».
L’agente di polizia penitenziaria intervenuto dal vicino carcere di Gazzi per dare manforte al collega coinvolto nell’incidente «... avrebbe assunto un atteggiamento intimidatorio nei confronti del R. senza prima accertarsi delle sue reali intenzioni nei confronti della C. (la signora che stava confortando), alla quale lo stesso nulla chiedeva in ordine al comportamento tenuto dal suo interlocutore, sorprendendo però quest’ultimo con una richiesta di esibizione dei documenti che appariva anche ai presenti del tutto ingiustificata».
La chiave di volta è la testimonianza della donna che rimase scossa dopo aver assistito all’incidente e venne aiutata dal 65enne. Lo scrive il giudice stesso in sentenza: «... La testimone..., che aveva assistito all’incidente e che, secondo quanto detto da... (gli agenti penitenziari), sarebbe stata spinta dal R. ad andare via, dichiarava, invece, che “... il signor R. chiedendo se avevo bisogno di qualcosa, qualche bottiglietta d’acqua, perché era già un’ora e mezza che stavo sotto il sole.” … “mentre mi stava chiedendo se avevo bisogno di questa bottiglietta d’acqua, di qualcosa, si è avvicinato un signore in divisa urlando contro il signor R., dicendo di andarsene, di farsi gli affari suoi, al che il signore spiegava che non stava facendo nulla di male, ha chiesto solo se avevo bisogno di qualche cosa, il signore in divisa era molto agitato e gli ha chiesto di favorire i documenti, al che il signore giustamente rispondeva che lui non c’entrava niente nell’incidente, poi sento urlare sempre questo signore che urlava, chiamando il suo collega vieni vieni, mettiamo le manette al signore. Allorché il signor R. si è spaventato ed è scappato, è scappato e qua l’hanno inseguito, dopodiché io, cioé non l’ho visto perché hanno girato un curvone e non ho visto più nulla, ho visto solo poi che hanno portato il signor R. con le manette, però il motivo ancora adesso non lo so, il motivo perché l’hanno ammanettato.”». (n.a.)
Messina, intervenne per aiutare una signora e poco dopo si ritrovò... in manette
La storia di un testimone di un incidente stradale
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