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Messina, la gang che organizzava i falsi matrimoni: inflitte tre condanne

Davanti al gup Leanza

Polizia di stato

Si chiude con tre condanne lo stralcio dell’udienza preliminare per l’inchiesta sui falsi matrimoni, che a marzo aveva portato cinque persone in carcere, con l’ipotesi d’accusa principale di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Con un’ordinanza di custodia cautelare siglata dal gip Maria Militello su richiesta dei pm Antonella Fradà e Roberta La Speme, dopo una serie di indagini e intercettazioni messe in piedi dalla Squadra Mobile. Dopo la richiesta di rinvio a giudizio della Procura, tre dei cinque indagati sono comparsi ieri davanti al gup Tiziana Leanza. Si tratta del cittadino marocchino Abdelkarim Aboufares, e delle messinesi Valentina Cuscinà e Giuseppa Perrone. Sono assistiti dagli avvocati Giovanni Caroè, Salvatore Silvestro, Oleg Traclò e Carmelo Vinci. Con lo “sconto di pena” per la scelta del rito abbreviato, il gup ha inflitto ad Aboufares 4 anni e 4 mesi di reclusione, alla Cuscinà 2 anni e 4 mesi, alla Perrone 2 anni e 2 mesi.
Secondo il primo quadro indiziario avevano ruoli differenti: Aboufares era il «capo e promotore dell’associazione, organizzava matrimoni fittizi per consentire ai cittadini extracomunitari irregolari di ottenere il permesso di soggiorno per motivi di famiglia in tal modo favorendo l'ingresso o la permanenza irregolare sul territorio dello Stato Italiano»; la Perrone «coadiuvava l’Aboufares nella organizzazione dei matrimoni fittizi, reclutando cittadine italiane disposte a contrarre matrimoni con cittadini extracomunitari, rivestendo il ruolo di testimoni dei nubendi, reperendo abitazioni da adibire a dimora coniugale ed istruendo i coniugi sul comportamento da tenere durante i controlli di Polizia finalizzati alla verifica della effettiva convivenza»; infine la Cuscinà «in qualità di partecipe, accettava dietro pagamento di un corrispettivo in denaro di contrarre matrimoni simulati e contribuiva al reclutamento di altri cittadini italiani da destinare alla celebrazione di matrimoni fittizi».

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