A gennaio di quest’anno la Corte d’assise presieduta dal giudice Massimiliano Micali ha condannato a 22 anni di reclusione Luigi De Domenico, il cinquantasettenne messinese accusato di omicidio volontario e lesioni. L’uomo avrebbe nascosto di essere sieropositivo a una donna che era stata la sua compagna, l’avvocatessa messinese S.G., morta di Aids nel luglio del 2017, a 45 anni, dopo lunghe e atroci sofferenze. Adesso la vicenda dovrà tornare in un’aula di giustizia per il processo d’appello, il cui inizio è stato fissato per il 25 ottobre prossimo.
Ma c’è un aspetto che ha del clamoroso se si legge l’appello presentato dal difensore dell’uomo, l’avvocato Carlo Autru Ryolo. Secondo il legale infatti, la sentenza di primo grado sarebbe addirittura da annullare per una questione tecnico-procedurale: due giurati che componevano la corte d’assise hanno raggiunto il limite dei 65 anni d’età in corso di processo, e poi hanno partecipato alla deliberazione della sentenza.
«Tale circostanza - ha scritto l’avvocato Autru Ryolo nel suo atto d’appello -, determina la nullità del dibattimento e della sentenza di primo grado, per violazione dell’art. 178, lett. a) c.p.p. e, specificamente, per inosservanza delle disposizioni concernenti le condizioni di capacità del giudice».
Insiste il legale: «... tale nullità, ai sensi dell’art. 179 c.p.p., è insanabile e può essere rilevata anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento». Tutta questa questione tecnica sarà quindi affrontata dai giudici d’appello in apertura del processo, il 25 ottobre prossimo. Sarà interessante capire come ragioneranno e cosa decideranno su uno dei procedimenti più seguiti degli ultimi anni non solo a Messina ma in Italia.
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