È stato un magistrato italiano di grande spessore Francesco Marzachì, che a Messina è stato procuratore generale per quattro anni. È scomparso ieri all’età di 90 anni, i suoi funerali si svolgeranno a Torino, la città d’adozione, dove ha guidato la Procura. Messinese, ha dedicato la sua intera vita alla magistratura, in tanti lo ricordano come un magistrato di primissimo piano del nostro Paese, anche nei tempi caldissimi del terrorismo.
Tornò dopo quarant’anni a Messina nell’ottobre del 1999, proveniente da Torino, e nella nostra città lavorò intensamente sino alla pensione, appese la toga a 72 anni, nel settembre del 2004. Entrò in magistratura nel ’58, fu anche membro del Csm fra il ’76 e l’81, eletto con MI, corrente di cui fu anche presidente nazionale. Nelle sue ultime settimane di lavoro davanti alla porta dell’ufficio, in fondo al corridoio della procura generale ci fu un vero e proprio “assedio” di impiegati, avvocati, magistrati, giornalisti, e tutti volevano parlare con lui per salutarlo. Fu l’ultimo atto pubblico di una carriera intensa, ricca di tappe importanti.
Il suo grande merito fu soprattutto quello di migliorare e rasserenare “l’atmosfera” rispetto a quella che aveva trovato quando mise piede a Palazzo Piacentini. «Venni a Messina - dichiarò nell’ultima intervista -, trovando una situazione movimentata perché era l’indomani delle vicende sul “caso Messina” che era appena esploso, subito dopo ci fu l’ispezione ministeriale mirata. All’epoca gli uffici giudiziari di Messina avevano subìto una batosta notevole, era appena arrivato il nuovo procuratore Luigi Croce e si accingeva a risistemare una procura un po’ disastrata per certi episodi, anche piuttosto pesanti, che si erano verificati».
«Il cruccio maggiore - proseguì parlando del sistema giudiziario -, sta nel rendersi conto che i meccanismi procedurali che governano il processo penale sono sempre più una specie di “gioco dell’oca”, infarciti di formalità che rendono più costoso e lungo l’iter processuale, è una cosa che danneggia l’immagine della magistratura. Malgrado gli sforzi dei magistrati ci si rende conto che si lavora molto a vuoto. Dovrebbe essere seriamente ripensato il meccanismo della procedura penale sia sotto il profilo della durata del processo che delle irrisorietà della sanzione penale e della scarsa resistenza del giudicato penale».
Parole, le sue, quanto mai attuali anche oggi. Eppure era il 2004.
Caricamento commenti
Commenta la notizia