Forse è l’occasione per “rinascere”. Dopo la brutta storia delle accuse di stalking, ieri per il 49enne ex portiere casertano Domenico “Mimmo” Cecere, si è registrata una riduzione di pena in appello per la sua vicenda processuale, che in passato lo aveva fatto addirittura finire in carcere. Il collegio di secondo grado presieduto dal giudice Bruno Sagone ha ridotto da un anno e due mesi a un anno la pena decisa in primo grado, e lo ha assolto «dal reato ascrittogli limitatamente alle condotte tenute» ad alcune persone coinvolte inizialmente, con la formula «perché il fatto non sussiste». Questo nonostante l’accusa avesse chiesto la conferma della condanna di primo grado e di tutto il quadro globale delle contestazioni. Il suo difensore, l’avvocato Salvatore Silvestro, nell’atto di appello aveva tra l’altro scritto, riferendosi alla sentenza di primo grado, di «trattamento punitivo immotivatamente improntato al rigorismo, anche alla luce del diniego delle cosiddette circostanze attenuanti generiche».
Cecere è un calciatore che è stata una vera e propria gloria del Messina Calcio, uno degli “eroi” della promozione in serie B dopo i play off con il Catania nel 2001. E da anni è divenuto a tutti gli effetti un messinese, città dove si era stabilito da tempo ed aveva avviato una brillante attività economica, che poi negli ultimi tempi era naufragata. Nel luglio del 2021 l’ex portiere rimase coinvolto in un procedimento per stalking, e quindi subì un primo provvedimento da parte della magistratura peloritana, che si concretizzò con un divieto di avvicinamento alla vittima. Dopo una serie di violazioni la misura fu però aggravata, con la decisione di un altro giudice di mandarlo agli arresti domiciliari nell’abitazione di un conoscente. Ma Cecere, durante uno dei controlli di routine che la polizia effettua giornalmente per i soggetti sottoposti a misure restrittive, non fu all’interno dell’abitazione, e venne rintracciato in un locale mentre consumava una bevanda.
Da qui scattò una prima segnalazione da parte della polizia alla magistratura e un primo giudizio direttissimo per il reato di evasione, con la conferma degli arresti domiciliari come misura restrittiva. Dopo questa prima violazione una seconda volta i poliziotti non lo trovarono nell’abitazione dove stava scontando la misura, attesero un po’ e dopo qualche tempo lo videro tornare sudato e accaldato, perché - si sarebbe giustificato così -, era andato ad allenarsi con un po’ di corsa libera per le vie della città. Scattò la detenzione in carcere. Oggi si trova ai domiciliari, con la volontà, si spera, di lasciarsi tutto alle spalle.
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