In primo grado tutto era finito con il proscioglimento, su tutto aveva pesato il “nodo-intercettazioni”, ovvero la loro utilizzabilità in un procedimento penale, divenuta molto più stringente in senso garantista per gli imputati dopo l’ormai famosa “sentenza Cavallo” della Cassazione. Al centro dell’udienza preliminare che si celebrò nel gennaio scorso davanti al gup Monica Marino cera una presunta corruzione elettorale in occasione delle elezioni regionali per il rinnovo dell’Ars nel 2017, dopo un’inchiesta della Procura e della Dia di Messina. Il gup Marino accolse l’eccezione che avevano avanzato praticamente tutti i difensori, sostenendo l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche ed ambientali contenute nei fascicoli investigativi, e dispose il proscioglimento. Ma la Procura non era d’accordo e il sostituto della Dda Rosanna Casabona propose appello contro i proscioglimenti del primo grado, che riguardarono undici imputati: l’ex parlamentare regionale Santo Catalano, l’attuale consigliere comunale di Milazzo Lorenzo Italiano, ex sindaco e candidato a sindaco alle ultime amministrative, la candidata a sindaco di Librizzi alle ultime amministrative Maria Pamela Corrente; e poi Armando Buccheri di Terme Vigliatore, Carmelo Fascetto di Nicosia, il milazzese Francesco Salmeri, i messinesi Placido Smedile, Davide Lo Turco e Giuseppa Zangla, l’imprenditore Enrico Talamo che avrebbe agito su Tortorici, e infine del milazzese Rocco Cambria. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Messina