Prof. Antonio Macrì, lei dirige il pronto soccorso generale del Policlinico, un caso che adesso è sul tavolo regionale. Sembra che la soluzione sia vicina ma il vostro lavoro quotidiano non si è mai interrotto. Come lo affrontate in queste condizioni precarie?
«Non possiamo certo nascondere che le difficoltà strutturali hanno reso il nostro lavoro ancora più difficile, ma lo abbiamo affrontato con spirito di servizio e con la consapevolezza del fatto che da noi dipendeva il risultato finale e cioè la salute collettiva. Sappiamo di rappresentare la più importante risorsa della nostra provincia nell’ambito dell’area dell’emergenza/urgenza e proprio per questo motivo, dal primo giorno del mio insediamento, avvenuto il 5 agosto 2020, quindi subito dopo la prima ondata della pandemia, ho pensato che questo fosse solo il momento di fare e non di parlare. È questa infatti la prima volta che accetto di rilasciare un’intervista, perché ritengo giusto rendere onore a tutto il personale dell’Unità operativa complessa di Pronto soccorso generale con Osservazione breve intensiva, che non ha lesinato alcuno sforzo pur di riuscire a risolvere tutti i problemi che di volta in volta si sono presentati. Forse una delle maggiori difficoltà che ho incontrato, che abbiamo incontrato, è stata quella di doverci adattare ai vari scenari che, in era Covid, cambiano momento dopo momento. Ci tengo che i nostri pazienti sappiano questo, perché ciò che può essere interpretato come non perfetta organizzazione è solo frutto delle molteplici variabili che devono essere affrontate in ogni singolo istante della giornata».
Quanti sono i casi giornalieri trattati, e quali le statistiche degli ultimi anni? Cosa ci dicono queste statistiche?
«Fare un’analisi storica, confrontando l’era pre-Covid con il periodo pandemico non è possibile, perché, soprattutto durante le ondate più severe, in tutti i Psg nazionali ed esteri, c’è stata una diminuzione degli accessi per il timore di contrarre il virus, problema che stiamo già pagando in termini di aumento della mortalità, soprattutto per patologie oncologiche e cardiovascolari e che pagheremo negli anni futuri a causa del ritardo diagnostico che si è verificato. Ritengo però molto utile fornire i dati relativi all’attività della nostra Unità operativa nel periodo Covid a partire da agosto 2020 in quanto la prima ondata, è stata affrontata, dalla nostra Azienda, con un’organizzazione diversa, grazie alla centralizzazione al padiglione H di tutta l’attività correlata alla pandemia. Dal 5 agosto 2020 al 12 luglio 2022 abbiamo accolto e quindi trattato 42.688 pazienti, pari a circa 1.700 casi al mese. In particolare, da quando siamo stati trasferiti nell’attuale sede, il padiglione C, e cioè dal 18 dicembre 2020, abbiamo trattato 36.220 pazienti, pari a circa 1.900 casi al mese, quindi con un incremento delle prestazioni rispetto a quanto già fatto nella vecchia ubicazione al padiglione E; di questi accessi, il 56% circa è da riferire a pazienti con codici di gravità critica. Questo perché il nostro ospedale, essendo Hub di riferimento per tutta la provincia per l’infarto del miocardio, l’ictus, le emorragie digestive ed il trauma, accoglie un gran numero di pazienti, soprattutto affetti da patologie gravi. In aggiunta va sottolineato che, sempre nei locali del padiglione C, abbiamo ricoverato 1.362 pazienti in Osservazione breve intensiva e 972 pazienti affetti da Covid in Osservazione temporanea. Abbiamo quindi dovuto gestire, oltre le emergenze/urgenze, anche pazienti ricoverati, in attesa di trasferimento presso altre Unità operative, spesso intasate dall’elevato numero di pazienti presenti».
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