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Messina, il seminarista rinuncia alla causa contro la Curia

Il 37enne che voleva diventare sacerdote l’aveva intentata dopo il suo “licenziamento” dall’Istituto S. Pio X. Aveva citato l’arcivescovo Accolla denunciando di aver subito avances sessuali da diversi preti

La cerniera di quella borsa piena di carte, messaggi e foto che fece vedere all’arcivescovo il 13 giugno del 2020, e che lo stesso prelato definì «materiale inquietante», rimarrà chiusa. Perché l’ex seminarista “licenziato” dopo aver denunciato di aver subito avances sessuali da parte di diversi preti di Messina, ha rinunciato alla causa civile che aveva intentato contro la Curia e l’arcivescovo Giovanni Accolla. Aveva chiesto un milione e mezzo di euro di risarcimento.
Lo ha fatto attraverso un atto scritto che il suo nuovo legale di fiducia, l’avvocato romano Laura Sgrò, patrocinante nella Città del Vaticano e alla Sacra Rota, ha depositato in questi giorni nella cancelleria del giudice della prima sezione civile Milena Aucelluzzo. Tecnicamente si tratta di un atto di rinuncia agli atti del giudizio previsto dall’artico 306 del codice di procedura civile, che in pratica spazza via tutto, chiude definitivamente il contenzioso senza un nulla di fatto.

La storia del 37enne aspirante sacerdote “licenziato” dalla Curia dopo 13 anni di seminario era finita sui media non più tardi di un mese addietro, e aveva fatto il giro del Paese fino ad arrivare in Vaticano. La tesi del seminarista era molto chiara: il suo allontanamento dopo 13 anni di onorato servizio era dovuto esclusivamente al fatto che non si era piegato alle ripetute avances sessuali ricevute da più sacerdoti dell’Arcidiocesi di Messina, alcuni dei quali ricoprono ancora oggi incarichi di prestigio, e aveva denunciato tutto a monsignor Accolla.
Sulla scorta di questi fatti, documentati da una borsa piena zeppa di carte, foto osè, e cronistorie telefoniche di messaggi wapp, il suo legale dell’epoca, che ha assistito il 37enne in uno dei periodi più bui della sua vita, l’avvocato Massimo Maiorana, aveva depositato un atto di citazione nei confronti dell’arcivescovo. Mentre la Curia aveva risposto con la comparsa di costituzione e risposta prodotta dagli avvocati Gianluca Gullotta e Francesco Marcellino.
Aveva scritto, per esempio, l’avvocato Maiorana, che il 37enne «... è stato impegnato nella formazione seminarista presso il Seminario Arcivescovile S. Pio X di Messina dal 15.11.2006 con la partecipazione alle settimane vocazionali e formalmente dal 2014 fino al 9.12.2019 (ben 13 anni)».
Da quella data era poi cominciato tutto, prima con la sospensione temporanea “per motivi gravi”, e poi a dicembre dello stesso anno con la defenestrazione finale. Nell’atto depositato, l’avvocato Maiorana parlava di «infondato quanto spropositato provvedimento», posto che il 37enne «non è stato sottoposto ad alcun esame critico, senza che fossero valutate le possibili soluzioni alternative all’espulsione».
Poi il legale affermava: «... ed allora a questo punto occorre affrontare in modo chiaro e privo da qualsiasi pregiudizialità quali sono stati i veri motivi che hanno portato all’allontanamento del seminarista, il quale, in realtà si è rifiutato di piegarsi alle pressioni di carattere sessuale di cui è stato oggetto da parte di altri presbiteri appartenenti alla diocesi e, come effettivamente minacciato dagli stessi, è stato punito per avere tentato di denunciare tali abusi agli organi superiori, che invece di prendere provvedimenti ai danni degli abusatori hanno eliminato in radice il problema allontanando l’oggetto del contendere, il seminarista».
Il legale parlava poi dei fatti accaduti «... come documentato dai messaggi inviati nelle chat telefoniche, che si versano in atti quale prova inconfutabile dell’avvenuto abuso (limitandoci per buongusto a quelli che si possono mostrare)».
A tutto questo, nel loro atto, avevano ribattuto gli avvocati Gullotta e Marcellino con una serie di considerazioni. Per esempio: «L’Istituzione formativa di cui il ... era allievo ha ritenuto di sospendere il percorso seminariale dello stesso invitandolo a lavorare sulla “verifica delle motivazioni vocazionali, sulla analisi della maturità affettiva, sul discernimento dell’autenticità delle relazioni, sulla carente fiducia verso le istituzioni formative, sull’approfondimento della verità, sull’autoreferenzialità che ha prodotto carente docilità”».
Poi c’era la spiegazione dell’allontanamento definitivo: «Le successive e definitive dimissioni - scrivevano gli avvocati Gullotta e Marcellino -, poi sono state adottate per le seguenti ragioni: “comportamenti non conformi alla Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis; mancanza di docilità alle indicazioni dell’arcivescovo e dell’équipe formativa; mancanza di fiducia verso le istituzioni formative”».
Ma tutto questo, adesso, è stato cancellato dalla rinuncia alla causa.

«Verrò in seminario e vedrai, ti farò buttare fuori»

Lo spaccato che emerge dagli atti mai depositati in questa causa, ma che “esistono” ancora, è oggettivamente inquietante, perché ricostruisce una rete di approcci sessuali verso l’ex seminarista in alcuni casi anche blasfemi da parte di più d’un sacerdote attualmente in servizio, se così si può dire, nel nostro circondario religioso. C’è per esempio il caso di un cappellano che ha inoltrato centinaia di messaggi confidenziali al 37enne, a qualsiasi ora del giorno e della notte, chiamandolo spesso con nomignoli intimi, fino ad arrivare alle minacce quando i rapporti si sono incrinati definitivamente per i rifiuti dell’ex seminarista alle avances («... alla prima occasione verrò in seminario e vedrai, ti farò buttare fuori... e non finirà così, informerò pure mons. Accolla... adesso ti faccio vedere cosa significa soffrire per una persona a cui si vuole bene. Ti faccio sbattere fuori e mi dovrai rimpiangere»).
In una lettera inviata all’ex seminarista nel luglio del 2020, monsignor Accolla affermava: «... ti scrivo questa lettera a ricordo degli incontri avuti il 13.06, il 24.06 e il 2.07.2020. In questi incontri abbiamo un po’ riepilogato quanto accaduto e nello stesso tempo abbiamo fatto delle considerazioni, cercando di pianificare modi, luoghi e contenuti per dare attento riscontro al tuo desiderio di rimetterti in gioco in vista di un eventuale accesso agli Ordini Sacri del Diaconato e del Sacerdozio. II 13 giugno ti sei presentato esprimendo questo tuo desiderio con un duplice bagaglio: uno contenente una ricca documentazione di materiale inquietante riguardante sacerdoti del nostro presbiterio e ancora una preziosissima lettera del Santo Padre, Papa Francesco, nella quale venivano indicati i punti salienti di un vero e autentico cammino ecclesiale di discernimento. Ho subito ribadito che il materiale inquietante non era un presupposto per il dialogo e per il discernimento, anzi era addirittura compromettente sin da subito il desiderio di poter accedere agli Ordini Sacri. Non si può donare la vita al Signore per paura, con ricatti o sotto la pressione di intimidazioni. Dinanzi a questa mia affermazione hai voluto precisare che il contenuto del tuo borsone non era materiale di ricatto ma bensì di riscatto. Nel rispetto della tua considerazione ho ulteriormente ribadito che nella vita i riscatti avvengono con cose buone e con buone relazioni, non con materiale inquietante».

 

 

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