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Messina, la Corte dei Conti: "Criticità sul piano di riequilibrio del Comune"

In 81 pagine la Corte dei Conti solleva «perplessità» su diversi aspetti della manovra di risanamento finanziario del Comune. Dieci i punti sui quali vengono chiesti nuovi chiarimenti, dopo quelli ritenuti insufficienti forniti da Palazzo Zanca a luglio: dai debiti fuori bilancio al solito nodo delle riscossioni.

Lo si potrebbe definire, in un certo senso, il decalogo della Corte dei Conti. Sono dieci i punti rispetto ai quali la Sezione di controllo chiede nuovi chiarimenti a Palazzo Zanca sul piano di riequilibrio e, in generale, sulle azioni che l’Amministrazione sta portando avanti per il risanamento dei conti del Comune.
Le prime risposte date a luglio, dopo l’ordinanza istruttoria di fine maggio, non sono bastate. Anzi, in alcuni casi sono state ritenute insufficienti, quando non lacunose, dai magistrati contabili di Palermo, i quali, una decina di giorni fa, con un nuovo provvedimento, hanno ribadito che «l’esame fin qui condotto ha posto in evidenza la presenza di numerose criticità e perplessità».

I dieci punti

Il primo è relativo «alle difficoltà nelle riscossioni, il cui miglioramento, se si intende perseguire un effettivo riequilibrio finanziario, dovrà necessariamente riguardare la totalità delle entrate proprie e non solo lo specifico segmento del contrasto all'evasione valorizzato nel piano». Secondo: «La scarsa attendibilità delle relative previsioni», rispetto «all'andamento rilevato». In altri termini, la situazione attuale rende “azzardate” le previsioni inserite nel piano per i prossimi anni. La Corte, inoltre, solleva «dubbi sulla congruità della parte accantonata del risultato di amministrazione» e «perplessità in merito alla parte vincolata». Altro punto: viene definito «insoddisfacente il quadro informativo riguardante gli organismi partecipati e l'eventuale presenza di oneri latenti dalle stesse derivanti». Quindi viene evidenziata «l'esigenza di chiarire gli aspetti contrastanti e lacunosi dell'evoluzione dei debiti fuori bilancio e della congruità degli accantonamenti finalizzati a fronteggiare le passività potenziali eventualmente derivanti dal contenzioso in atto».

E si arriva al settimo punto: è necessario «documentare il dichiarato conseguimento di tutti gli obiettivi di risanamento relativi alla diminuzione delle spese correnti, mediante il raffronto fra gli specifici capitoli del bilancio dell'esercizio di riferimento (2017) e dei capitoli dei rendiconti d'interesse (esercizi 2019-2020)». Ulteriori «perplessità» vengono sollevate «sulle modalità di quantificazione degli obiettivi annuali di contrazione della spesa per il personale, che non appaiono attendibili». Chiarimenti vengono chiesti, infine, sulla «approvazione del rendiconto 2020, non pervenuto» (è in esame in questi giorni in commissione Bilancio e poi in consiglio comunale) e sulla «effettiva sostenibilità del piano», relativamente a tutte le osservazioni contenute nel nuovo provvedimento (corposo, sono 81 pagine) sulla «massa passiva effettivamente residua», sulla «efficacia delle correlate misure» e sulla «attendibilità delle relative proiezioni».

Un risanamento... postdatato

Entrando nel dettaglio di alcune delle osservazioni, la Corte dei Conti evidenzia: «Si evince che, in diversi casi, il peso delle singole voci è spostato a favore degli esercizi più lontani». Inoltre «i debiti fuori bilancio sembrerebbero dover essere ripianati entro il 2028; tuttavia, in realtà, tali previsioni appaiono riferite al raggiungimento di accordi con i creditori e non al conseguimento dell'obiettivo del loro effettivo riconoscimento e pagamento». Quello di Palazzo Zanca, in sostanza, appare essere un risanamento dei conti “postdatato”: «Complessivamente - si legge nel documento della Corte dei Conti - emerge un incremento delle passività da ripianare nel quinquennio 2024-2028 (89,8 milioni) ed in quello successivo (97,2 milioni)». E «per quanto riguarda le risorse, lo slittamento temporale del loro reperimento riguarda le entrate relative al recupero dell'evasione tributarie e la diminuzione delle spese per mutui». In altre parole, il Comune punta a recuperare 212,7 milioni nel primo quinquennio e 280,7 milioni «nei restanti periodi». Per i debiti fuori bilancio, invece, «se da una parte deve darsi atto dell'impegno profuso dall'ente, dall'altra non può sottacersi la presenza di lacune e incongruenze nella documentazione trasmessa, tali da rendere necessari ulteriori e documentati chiarimenti».

Il nodo delle riscossioni

È uno dei temi centrali, per la Corte. «Sebbene le criticità nella riscossione delle entrate risultino gravi, persistenti e diffuse - si legge -, il piano si concentra solo su uno specifico segmento. L'unica misura prevista nel piano che fa leva sull'incremento delle entrate correnti, infatti, consiste nel contrasto all'evasione tributaria»: un gettito di quasi 90 milioni tra il 2019 e il 2033. Ma se gli accertamenti per il contrasto all'evasione da Tarsu e Tares, nell'ultimo biennio, «sono aumentati fino a 4 milioni», le riscossioni «non hanno beneficiato dello stesso andamento, finendo per assottigliarsi nel 2020». Ecco perché, secondo i magistrati, «le ottimistiche previsioni contenute nel piano in riferimento agli accertamenti futuri non appaiono del tutto giustificate; non si riscontra, inoltre, la predisposizione di adeguati meccanismi di salvaguardia né di specifiche e adeguate coperture dei rischi di inesigibilità che, integrando il fondo rischi, possano attutire il probabile mancato raggiungimento degli obiettivi indicati nel piano». Infine «resta da comprendere lo stato di perfezionamento delle “procedure per la gestione informatica della cosiddetta Banca Dati Unica”, alla quale il Comune riconnette il compito “di controllo dei fenomeni elusivi”, eventualmente sovvertendo il trend fino ad ora registrato».

 

Una tela di Penelope iniziata nove anni fa

La prima edizione del Piano di riequilibrio risale al 13 dicembre 2012, quando il Comune era retto dall'allora commissario straordinario Luigi Croce. La delibera dell'11 febbraio 2013, ricostruisce la Corte dei Conti, «individuava una massa passiva di 238,3 milioni», da ripianare tra il 2013 e il 2022.

L'amministrazione Accorinti, insediatasi a giugno 2013, propone la rimodulazione del Piano, ma il 29 gennaio 2014 il consiglio comunale si esprime in senso contrario. Solo il 2 settembre 2014 si arriva al nuovo Piano, sempre di durata decennale, con una massa da ripianare di 335,7 milioni.

Passa qualche mese ed il 28 febbraio 20145 ecco una nuova modifica del Piano. Interessante quanto osserva, a proposito, la Corte dei Conti: «Non si ravvisa, in realtà, a copertura della modifica, nessuna autorizzazione, né alla riformulazione del piano né, tantomeno, all'inserimento di nuove passività da ripianare nel maggiore arco temporale della procedura», cioè vent'anni. La massa passiva sale a 386 milioni.

Il 30 settembre 2016 arriva l'ennesima riformulazione, con una massa passiva che cresce ancora: 425,9 milioni. Le quote di rimborso, stavolta, possono essere spalmante su trent'anni.

Si insedia, quindi, l'amministrazione De Luca e il 23 novembre 2018 viene promossa «un'ultima rimodulazione del piano», che è quella «oggi all'esame della Sezione», con una massa passiva rideterminata in 552,2 milioni ed una procedura articolata su un arco ventennale.

Il 27 aprile scorso la Commissione ministeriale, finalmente, esprime «un giudizio positivo sulla manovra di risanamento predisposta dall'Ente» e passando la “palla” alla Corte dei Conti per il responso definitivo.

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