Sequestrati e congelati beni e immobili per un valore di 100 milioni di euro all’imprenditore Giuseppe Busacca di Ficarra (Messina), 64 anni, che avrebbe costruito un impero economico che ruota attorno alle cooperative di assistenza ad anziani e disabili nel Messinese. L’accusa è di avere reinvestito soldi illeciti provenienti dal clan mafioso di Barcellona Pozzo di Gotto. Il provvedimento, emesso dalla sezione misure di prevenzione di Tribunale di Messina, su richiesta del Procuratore Maurizio De Lucia e del Questore, riguarda diverse società cooperative sociali ed aziende agricolo-faunistiche, locali di pubblico intrattenimento, hotel, immobili.
L’operazione, denominata Hera, è stata condotta dalla Polizia di Stato e dalla direzione distrettuale antimafia con la divisione anticrimine della Questura di Messina e il servizio centrale anticrimine «nel quadro - si legge in una nota - di una più ampia strategia di contrasto avviata dalla direzione centrale anticrimine».
Il maxisequestro nasce da un’indagine che portò all’arresto e poi alla condanna per concorso esterno in associazione mafiosa di Santo Napoli, ex consigliere comunale di Milazzo, infermiere, ritenuto vicino ai clan dei barcellonesi. L'inchiesta accertò i rapporti tra Napoli e Busacca, soci nella gestione di diverse discoteche. Secondo gli inquirenti Busacca gestirebbe «in modo criminale una rete di cooperative nel settore sociale».
Morra, un'altra spallata ai clan
"Questa mattina è stato inflitto un nuovo ed importante colpo alla mafia, grazie all’operazione della Polizia di Stato e della Procura della Repubblica di Messina. Sono stati sequestrati beni per un valore di circa 100 milioni di euro": è il commento di Nicola Morra presidente della Commissione parlamentare antimafia. "Oggetto del sequestro di ben 100 milioni di euro sono - spiega il presidente - beni ed assetti societari, cooperative sociali ed aziende agricolo-faunistiche, locali di pubblico intrattenimento, hotel, immobili (tra cui numerose ville di consistente valore), ubicati nell’area milazzese e nebroidea, nonché il congelamento di somme di denaro in Paesi esteri". "Quello odierno - conclude Morra - è il risultato del brillante lavoro condotto dalla Divisione Anticrimine e dal Servizio Centrale Anticrimine, nel quadro di una la più ampia strategia di contrasto avviata dalla Direzione Centrale Anticrimine. Questa è la dimostrazione che lo Stato ha gli strumenti e la forza per contrastare le mafie».
I sequestri nel Messinese
Sono stati sequestrati beni ed assetti societari, cooperative sociali ed aziende agricolo-faunistiche, locali di pubblico intrattenimento, hotel, immobili (tra cui numerose ville di consistente valore) nell’area milazzese e nebroidea, nonché congelate somme di denaro in Paesi esteri, per un valore complessivamente stimato - come detto - in 100 milioni di euro. L'operazione della Polizia di Stato e della Procura della Repubblica nel quadro di una più ampia strategia di contrasto avviata dalla Direzione Centrale Anticrimine. All’esito dell’operazione nota come "Gotha 7", conclusa nel dicembre 2017, la Procura della Repubblica presso il Tribunale e la Questura di Messina hanno avviato le indagini relative ad una proposta di misura patrimoniale a carico di uno degli arrestati per concorso esterno nell’associazione mafiosa dei cosidetti "barcellonesi".
"Una colossale opera di defiscalizzazione"
Grazie all’ampia collaborazione fornita dalle sedi locali dell’Agenzia delle Entrate, si è potuta rilevare, inoltre, una colossale opera di defiscalizzazione, anche attraverso la creazione di falsi crediti di imposta, utilizzati anche per occultare le imponenti rendite di gestione, e soprattutto la sistematica utilizzazione delle cooperative sociali ed agricole quali vere e proprie società di capitali, pur giovandosi dei regimi di semplificazione fiscale, tributaria e lavoristica alle stesse concesse, allo scopo precipuo di abbattere radicalmente i costi di gestione e la tassazione relativa. Inoltre, la comprovata "confusione" di capitali e beni che sono transitati tra le società di capitali che gestiscono i locali di pubblico intrattenimento e le cooperative, ha consentito di disvelare imponenti operazioni di riciclaggio, artatamente nascoste nei fallimenti di talune società di capitali (alle quale ne sono subentrate altre con nuovi prestanome) rivelatisi operazioni di bancarotta fraudolenta, in esito alle quali si è potuto intercettare un cospicuo spostamento di capitali all’estero.
Fari su attività ricreative, a alberghi, strutture ricettive e cooperative sociali
Si è avuto modo di rilevare che agli stessi ed agli altri "prestanome" individuati in corso di indagine patrimoniale e giudiziaria erano riferiti beni e consistenze relativi a numerose attività ricreative (discoteche, sale per cerimonie, lounge bar, ristoranti), alberghi, strutture ricettive, cooperative sociali, agricole e faunistiche, immobili (taluni dei quali di notevole pregio), nonché consistenti beni strumentali e importanti somme di denaro trasferite all’estero, quali ricavi dell’illecita attività. Per entrambi i destinatari del provvedimento di ablazione patrimoniale, le indagini hanno, inoltre, svelato la loro partecipazione a "super-società di fatto" e strutture societarie piramidali destinate a dissimulare l’origine illecita dei capitali ed il loro reimpiego in attività economiche apparentemente lecite, oltre che a dissimulare il circuito illegale del danaro, tramite la creazione di società "cartiere", ovvero utilizzando i fondi pubblici assegnati alle cooperative sociali nel contesto della formazione professionale e per la gestione di strutture residenziali per anziani (alcune delle quali solo apparentemente tali, ma in realtà utilizzate per la gestione di un importante esercizio alberghiero nel comune mamertino collocato in una posizione strategica, e per la realizzazione, con fondi pubblici destinati a lavori di "ristrutturazione" degli edifici adibiti a residenze socio-assistenziali, di immobili di assoluto pregio destinati ad abitazioni familiari dei soggetti colpiti dall’odierno provvedimento), trasporto disabili e studenti, servizi di assistenza domiciliare, case rifugio per minori stranieri, emarginati, disagiati, attività di sportello sociale per famiglie in condizioni disagiate, servizi di segreteria e pulizie per poliambulatori pubblici gestiti dalle ASL locali, oltre che elettricisti ed operai, che hanno fruttato, solo tra gli anni 2000/2014, introiti superiori ai 100 milioni di Euro, successivamente riciclati nella casse sociali o distratti per finalità personali o per creare provviste di denaro occultate in fondi esteri.
Dalla pubblica assistenza alla formazione
Nell’ambito delle attività di indagine patrimoniale, è stata rilevata la figura e sono state cristallizzate le condotte di Busacca, attivo da moltissimi anni nel campo della pubblica assistenza e della formazione, titolare di numerose cooperative sociali, agricole e faunistiche (queste ultime allocate nell’area nebroidea), il quale aveva, in realtà, partecipato sin dall’inizio agli investimenti del sodalizio mafioso nel settore del pubblico intrattenimento, giovandosi di erogazioni pubbliche conseguite in maniera fraudolenta, le cui attività espansive sul territorio erano state successivamente finanziate grazie ad un imponente giro di false fatturazioni per operazioni inesistenti, anche in questo caso gravanti su pubblici contributi derivanti da appalti per lo svolgimento di servizi socio-assistenziali a Messina, Milazzo, Taormina e numerosi altri comuni messinesi, catanesi, sardi e romani.
Il ruolo dei un infermiere di Milazzo in pensione
Nel mirino anche Santo Napoli, si tratta di un infermiere oggi in pensione, già consigliere comunale presso il Comune di Milazzo (Messina), condannato con sentenza non definitiva, attualmente sottoposto agli arresti domiciliari, che grazie al suo pregresso ruolo di pubblico amministratore, avrebbe consentito al sodalizio di ottenere l'aggiudicazione di appalti pubblici ad aziende di proprietà dei sodali, nonché individuare le aziende che, assegnatarie di altri lavori pubblici, venivano sistematicamente sottoposte ad estorsione. Grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia è emerso anche il suo ruolo di "gestore" di alcune attività imprenditoriali nel contesto ricreativo/ristorativo, in realtà riferibili ai "boss" del sodalizio. Le indagini patrimoniali finalizzate alla confisca hanno assunto una specifica peculiarità, in quanto sono state condotte dalla Divisione Anticrimine della Questura e dal Servizio Centrale Anticrimine parallelamente ad una complessa attività d’indagine penale (nella quale sono state condotte attività tecniche di intercettazione telefonica ed ambientale, nonché effettuati accessi presso istituti creditizi e perquisizioni) seguita dal Commissariato distaccato di P.S. di Milazzo (Messina)
Un ventennio di "operatività mafiosa a Milazzo, con diramazioni anche nel capoluogo"
Nell’ambito degli accertamenti patrimoniali è stato possibile "ricostruire" un ventennio di operatività mafiosa nel tessuto sociale ed economico mamertino, con diramazioni anche nel capoluogo, che, ha consentito, oggi, l’ablazione di 16 società, di capitali e cooperative sociali, queste ultime oggetto di una serie di interposizioni fittizie ma tutte riferibili a due soggetti milazzesi, anche tramite l’interposizione fittizia di uno dei figli di questi, anch’egli già pubblico amministratore a Milazzo, le cui attività spaziano dai servizi sociali, in quanto discusse assegnatarie di pubblici appalti per oltre un ventennio, alle cooperative agricolo/faunistiche e di trasformazione di prodotti suini site nell’area nebroidea, ove fruiscono di pubbliche sovvenzioni nel settore agricolo, grazie ad una serie di truffe in danno delle erogazioni gestite dall’AGEA ed ad attività continuate di turbata libertà negli incanti per l’aggiudicazione dei terreni agricoli ove sono oggi allocate le cooperative agricolo/faunistiche, destinate alla produzione di suini ed alla macellazione dei prodotti, con marchio "DOC" sull'intero territorio nazionale. Dallo svolgimento delle indagini patrimoniali è, infine, emerso che le compagini societarie destinatarie dell’odierno provvedimento di sequestro abbiano percepito finanziamenti pubblici erogati dallo Stato nel quadro delle misure a sostegno dell’economia in conseguenza dell’attuale emergenza sanitaria legata al COVID-19, per un importo complessivo di circa 500.000 euro.
La replica dei legali di Busacca
I sottoscritti BUSACCA Giuseppe, BUSACCA Gianluca e BUSACCA Alessandro interessati dal decreto di sequestro emesso in data odierna dal Tribunale di Messina Sezione Misure di Prevenzione, nel negare ogni coinvolgimento in fatti delittuosi o contiguità ad ambiente criminali o di tipo mafioso, nella certezza di riuscire a dimostrare l’insussistenza dei presupposti su cui si fonda il provvedimento, restiamo fiduciosi nell’operato della Magistratura. Siamo, comunque, preoccupati, per quanto accaduto in casi analoghi, per i nostri dipendenti ed i loro familiari e auspichiamo che l’Amministrazione Giudiziaria adotti tutte le iniziative necessarie per garantire la conservazione dei posti di lavoro. Gli avv.ti Salvatore Silvestro e Giovanni Cicala, in primo luogo non possono non stigmatizzare l’incredibile fuga di notizie che ha caratterizzato la presente vicenda processuale. Non è, infatti, ammissibile che i nostri assistiti abbiano appreso l’esistenza del provvedimento di sequestro dagli organi di stampa ancor prima della sua formale notifica. Tale circostanza verrà puntualmente sottoposta all’attenzione della competente Autorità Giudiziaria per l’adozione delle consequenziali determinazioni. Nella consapevolezza di riuscire a dimostrare la liceità e la trasparenza dell’operato dei nostri assistiti, siamo fiduciosi che la presente procedura, durante questa fase cautelare, possa essere caratterizzata da quella necessaria flessibilità che, con connotazione di fisiologica imprenditorialità, possa impedire che le società raggiunte dal vincolo reale presso le quali risultano occupati oltre 1000 dipendenti, non subiscano la stessa sorte di tutte quelle realtà economiche che con disarmante ed allarmante sistematicità non sono, fino ad oggi, riuscite a sopravvivere al procedimento di prevenzione.
Sull'argomento interviene anche l'avvocato Nino Favazzo: "In relazione alle odierne notizie di stampa che hanno avuto ampia eco anche a livello nazionale, vorrete specificare che il Tribunale ha rigettato la richiesta di sequestro dei beni di proprietà del sig. Napoli Santo, ritenendo non sussistente il necessario requisito della sproporzione e della provenienza illecita del denaro utilizzato per l’acquisto dell’unico bene immobile di cui il proposto è proprietario. Il sequestro ha riguardato le quote in capo al figlio di Napoli Santo, di una società costituita nel 2009 e che avrebbe dovuto costituire un veicolo per nuove iniziative imprenditoriali, ma ben presto abbandonata e da tempo inattiva e mai patrimonializzata. Tali precisazioni si rendono necessarie per quella correttezza di informazione, che non può prescindere da una fedele rappresentazione dei fatti”.
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