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Tutte le ferite di Messina, tra povertà e crisi: la fotografia della Caritas

Anche tra coloro che prima del lockdown stavano bene, adesso ci sono molti che sperimentano condizioni mai vissute, persino impossibilitati a soddisfare i bisogni essenziali

Una ferita che si dilata, segnata dal tempo e dall’evoluzione umana: è la povertà, a cui fa specchio inverso fortunatamente il mare di solidarietà e azioni civili che animano il volontariato e l’essere carità, cristiana o laica che sia. «Il tempo che stiamo vivendo ci espone al confronto con una crisi non solo economica e sanitaria, ma che tocca anche diversi altri aspetti della vita dell’uomo, mettendone a nudo la sua vulnerabilità»: così il direttore della Caritas diocesana di Messina, Nino Basile, introduce i temi dell’annuale “Report”, accentuando quanto l’indigenza sia cresciuta sulla scia del Covid.

«Da inizio 2020 anche la Chiesa locale si è trovata a fronteggiare la drammatica situazione della pandemia, obbligata, forse in modo improvviso e inatteso, a prendere consapevolezza di trovarsi “sulla stessa barca” con tanti uomini e donne, secondo l’espressione divenuta ormai storica pronunciata da papa Francesco durante la preghiera del 27 marzo 2020 in piazza San Pietro». A pagare il prezzo più caro di questa “nuova” situazione sono i poveri e le persone più fragili: «Senza trascurare che, anche tra coloro che prima del lockdown stavano bene, adesso ci sono molti che sperimentano condizioni mai vissute, persino impossibilitati a soddisfare i bisogni essenziali. Ma a fronte di ogni situazione di sofferenza, c'è sempre un'azione positiva realizzata per arrestarla o contrastarla».

Nelle funzioni “cruciali” dei Centri di ascolto diocesani, paradossalmente emerge un calo del numero delle persone accolte. Perché? In primo luogo direttamente legato al Reddito di cittadinanza e ad altri aiuti che i comuni hanno messo in campo durante la pandemia, in secondo per carenza di inserimento e registrazione dei dati o addirittura la chiusura del Cda stessi per il lockdown. Come evidenziato da Enrico Pistorino (coordinatore Osservatorio Povertà), tra gli effetti c'è stato anche l'assenza forzata dei volontari di un'intera generazione, che proprio per la loro elevata età non potevano, per ragioni di prudenza, svolgere un servizio a contatto diretto con centinaia di persone. Ma lo stesso Covid è stato l'imprevisto che ha allargato le realtà a rischio di impoverimento: sempre più mancanza di lavoro, il bisogno di casa e servizi insieme ad aspetti legati alla salute (come viaggi per ospedalizzazioni, medicine e visite specialistiche) sono state le richieste principali. In particolar modo in pandemia, tante richieste di aiuto sono arrivate da persone agli arresti domiciliari e dalle loro famiglie. «La vulnerabilità e la fragilità di famiglie o persone proprio perché esposti a questa emergenza è cresciuta»: spiega Anna Ingogli, referente dei CdA. Il maggior numero di interventi dei Centri sono stati eseguiti sulla fascia d'età 45-54 anni (64%), in equilibrio la nazionalità tra i nuovi utenti registrati tra italiani e non, così anche tra sesso. In questo contesto va rilevato anche il grande sforzo del grande mosaico delle parrocchie, che “dal basso” hanno in tutti i modi sostenuto le loro comunità: con offerte economiche dirette, beni di prima necessità, supporto comunitario e nei “servizi”.

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