Messina

Giovedì 28 Novembre 2024

Messina, il presunto omicida di Concetta Gioè resta in carcere: trovata la borsa "rubata"

Concetta gli doveva dei soldi, una roba di cento euro o poco più, prestiti tra disperati. E forse per questo l’ha uccisa. La rabbia è montata per mesi fino ad esplodere all’alba di venerdì, sulle scale di una chiesa macchiate di sangue rappreso. Potrebbe essere questo il movente che ha portato il 70enne originario di Augusta Pietro Miduri ad uccidere la 68enne palermitana Concetta Gioè, colpita con dodici coltelle mentre dormiva rannicchiata sulla scalinata laterale della chiesa di Santa Caterina Valverde. Anche il gip Eugenio Fiorentino ha pochi dubbi sulla sua colpevolezza, e ieri dopo averlo interrogato in videoconferenza con l’assistenza dell’avvocato Ketty Terranova - l’anziano è ristretto nel carcere di Trapani -, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare convalidando il decreto di fermo emesso venerdì scorso dopo le indagini-lampo dei carabinieri dal procuratore aggiunto Vito Di Giorgio e dal sostituto Piero Vinci, dopo un primo drammatico interrogatorio durato un paio d’ore. Il gip parla di un «articolato quadro indiziario a carico dell’indagato», che ha reso «dichiarazioni contraddittorie ed evidentemente non compatibili con le risultanze delle immagini riprese dai sistemi di videosorveglianza». Le immagini sono la chiave di tutto in questa storia triste, che s’incastrano anche con qualche testimonianza. I filmati delle telecamere del distributore di carburante IP vicino la casa d’accoglienza dopo l’uomo si appoggiava, e quelle del bar vicino la chiesa di Santa Caterina, il luogo del delitto, che hanno perfino permesso ai carabinieri di tracciare una ipotetica scaletta oraria dei movimenti di Miduri, ripresa dal gip per corroborare le accuse. Eccola: alle 18 del 9 settembre Miduri entra nella “Casa di Vincenzo” (la struttura comunale per i senzatetto), così come testimonia la nota dell’operatore sul registro d’ingresso; a mezzanotte del 10 settembre, al primo giro di ronda, Miduri «è ancora presente» (al secondo giro di ronda, alle 3, non ci sarà); all’una e 28 il sistema di videosorveglianza del distributore IP lo riprende mentre esce dalla Casa di Vincenzo e si dirige verso via Savoca; alle 3 e 22 le telecamere del bar piazzate vicino la chiesa lo riprendono mentre «effettua alcuni passaggi all’esterno della chiesa di Santa Caterina dove si trova la vittima», e alle successive 3 e 26 mentre «dopo essere entrato nell’angolo dove è stato ritrovato il cadavere della Gioè, si allontana dal luogo repentinamente»; alle 6 e 16 del 10 settembre - qui c’è agli atti la testimonianza dell’operatore di sorveglianza -, Miduri «con vestiti diversi da come era uscito la sera precedente, rientra nella struttura di accoglienza “Casa di Vincenzo”». È chiaro il perché del cambio di vestiti per la Procura, e il gip concorda: erano sporchi di sangue, chissà dove li ha gettati. Eppure, sia davanti ai pm poche ore dopo il fermo sia ieri davanti al gip, Miduri ha continuato a negare di avere ucciso la Gioè, alla quale ha dichiarato di aver prestato anche del denaro e di averla frequentata (il gip ipotizza anche una relazione sentimentale alla base dell’omicidio). Ed ecco un passaggio esplicativo dell’ordinanza sulle dichiarazioni rese dal 70enne: «... il Miduri - scrive il gip -, sottoposto ad interrogatorio da parte del pubblico ministero, pur negando la propria responsabilità in ordine all’omicidio, rendeva dichiarazioni contraddittorie ed evidentemente non compatibili con le risultanze delle immagini riprese dai sistemi di videosorveglianza, che gli sono state esibite a contestazione, comunque confermando, in sostanza, di conoscere la vittima, con cui si sarebbe incontrato in varie circostanze ed alla quale avrebbe prestato a più riprese del denaro, senza poi ottenere la restituzione da lui richiesta (con ciò fornendo anche un movente plausibile del delitto). È opportuno riportarne integralmente l’esito, proprio perché si evincono chiaramente i - peraltro maldestri - tentativi dell’indagato di respingere le accuse, sostenendo di non conoscere vittima (per poi chiarire di ignorarne nome e cognome, circostanza evidentemente inverosimile alla luce della loro periodica frequentazione, peraltro ammessa dallo stesso Miduri), di essere stato al bar Italia durante la notte (venendo, come si vedrà, smentito dal titolare dell'esercizio) e di non avere cambiato i vestiti (mentendo anche sotto tale aspetto, atteso il cambio di maglietta da lui effettuato)...». Ed ecco invece il ragionamento finale del gip Fiorentino per la conferma della detenzione in carcere del 70enne: «Ciò detto, gli elementi diffusamente citati sono certamente tali da integrare gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato in ordine al delitto a lui ascritto. Inequivoche appaiono infatti, tra l’altro, le immagini tratte dai sistemi di videosorveglianza poste nella zona del delitto, dalle quali si evince con chiarezza la dinamica ed il colpevole del delitto... le spiegazioni fornite dal Miduri sono chiaramente fantasiose e insuscettibili di scalfire il grave quadro a suo carico, pur non consentendo allo stato di comprendere quale sia stato il movente di una cosi efferata aggressione (se, cioè, la lite sin insorta per problematiche di natura economica ovvero perché tra colpevole e vittima vi fosse una relazione sentimentale). Le dichiarazioni rese dal predetto - prosegue il gip -, in occasione dell’interrogatorio di garanzia appaiono un ulteriore (inverosimile) tentativo di respingere le accuse, essendo arrivato il Miduri a negare persino di conoscere la vittima». E invece si conoscevano. Forse stavano pure insieme. Poi dev’essere successo qualcosa nella mente di Miduri, che ha macchiato di sangue rappreso quelle scale della chiesa.  

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