Il fuoco incrociato che in questi giorni si è scatenato contro Art.1 e la sua parlamentare nazionale Maria Flavia Timbro è solo la punta di un iceberg molto più profondo. Le nomine effettuate durante il suo mandato da Cateno De Luca hanno fatto discutere fin dal principio, sebbene per ragioni diverse. Ogni sindaco ha, negli anni, attinto da un proprio “cerchio magico”, se così lo si può definire: uomini strettamente di fiducia, incarichi indicati dai partiti di eventuali coalizioni, riferimenti di appartenenze politiche comuni. Nulla di nuovo, insomma.
Nel momento in cui al potere giunge un sindaco senza coalizione e senza un vero e proprio partito alle spalle, le logiche diventano altre. L’appartenenza politica, in diversi casi, è stata sostituita dall’appartenenza professionale, con la galassia Fenapi divenuta spesso e volentieri bacino da cui attingere. E poco cambia che nel 2017 De Luca si sia dimesso da direttore generale della sua “creatura” imprenditoriale: sempre la sua creatura resta. Secondo i più agguerriti degli osservatori, poi, l’appartenenza professionale non è esattamente equiparabile a quella politica (della quale può certamente fregiarsi Pippo Lombardo, presidente di MessinaServizi, da sempre al fianco di De Luca e “anima” del partito Sicilia Vera).
Dal mondo Fenapi, in cui ricoprono o hanno ricoperto vari ruoli, provengono: Roberto Cicala, che è sia presidente della Patrimonio Spa che consigliere d’amministrazione di Amam; Pippo Campagna, presidente di Atm Spa (ed ex presidente della “vecchia” Atm); Valeria Asquini, presidente della Messina Social City; Pietro Picciolo, liquidatore dell’Atm in liquidazione (già liquidatore di Messinambiente, consulente della Messina Social City e, nel 2018, committente della campagna elettorale di De Luca); Carmelo Franco Anastasi, collegio sindacale di Atm Spa; Margherita Melazzo, collegio sindacale di Arismè.
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