Un tempo la narrazione era più o meno questa: più si differenzia, meno costa la gestione dei rifiuti. Una favoletta (sulla carta basata su più di un fondamento), che però negli anni è andata scontrandosi con la dura realtà: ad una crescita esponenziale della differenziata non è corrisposto un calo del costo della “macchina” rifiuti. Anzi, le due “curve” sono cresciute in modo parallelo. Un paradosso che a Messina assume contorni più netti proprio in virtù del dato sulla differenziata, che in riva allo Stretto è più alto rispetto alle altre città metropolitane. Un innegabile virtuosismo, che però ancora non si riesce a trasformare in un risparmio per chi paga la Tari.
Gli ultimi dati forniti dalla MessinaServizi e basati sulle analisi effettuate dalla Regione confermano un trend in crescita: luglio si è chiuso col 47,7%, la proiezione per agosto è del 52,5%, con un obiettivo finale per l’intero 2021 di una media di oltre il 40%. Una crescita che corrisponde, giocoforza, ai ricavi legati alla differenziata stessa: per gli imballaggi, infatti, dai 659 mila euro del 2018 si è passati ai 1,6 milioni del 2020 e ad una proiezione, per il 2021, di ben 2,1 milioni di euro.
Eppure il costo della gestione dei rifiuti (e conseguentemente la Tari) aumenta e non poco, come le roventi polemiche politiche di quest’estate hanno evidenziato: tra il 2013 e il 2017 si oscillava tra i 43,8 e i 45,3 milioni, poi via via un aumento fino ai 48,5 milioni del 2020 e ai 54,1 milioni del 2021.
Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Messina
Caricamento commenti
Commenta la notizia