Una grande infrastruttura come il Ponte sullo Stretto, opera dal respiro internazionale e dal significato concreto e simbolico (emblema dell’unione tra Isola e Continente, apertura, integrazione, slancio verso il futuro), è «naturalmente è osteggiata dalla criminalità organizzata». Lo ha detto Matteo Renzi e le sue parole, come sempre, hanno acceso un vespaio di polemiche.
Ma l’ex premier, leader di Italia Viva, ha colto nel segno: «Le mafie – afferma – dicono no alle opere che creano lavoro e portano sviluppo. La criminalità organizzata preferisce dire di no al Ponte e sì al Reddito di cittadinanza». L’uno rappresenta l’anelito del Sud a risorgere, a occupare un posto centrale nel Mediterraneo, a riprendersi quello che gli è stato sottratto da troppi decenni; l’altro, pur se strumento rivelatosi utile per arginare povertà e disagio sociale in quest’epoca di pandemia, parla il linguaggio dell’assistenzialismo, non certo dello sviluppo.
A Renzi replica il “verde” Bonelli: «Caro senatore, chi l’ha informata sul fatto che la mafia non voglia il Ponte? Eppure la storia degli ultimi anni racconta il contrario: la mafia ha interessi negli appalti miliardari del ponte, come testimoniano, per esempio, l’inchiesta Brooklyn del 2005 o l'operazione dalla Dda di Reggio Calabria del 2016. Il leader di Italia Viva aggiunge che il Ponte crea lavoro e porta sviluppo, ma lo sa che per andare da Messina a Trapani in treno, si impiegano oltre otto ore con tre cambi per percorrere 330 km?».
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